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capo terzo 29

prevenire il futuro male. E soprattutto reputò lodevol consiglio chiamar subito appresso di sè alcuni tra i più potenti popolani, interrogarli qual fosse il loro scopo, e provvedervi senz’altro ritardo. E venuti a lui, gli manifestarono che il loro sdegno era innanzi tutto contro il mal governo de’ Sindaci e dei nobili, che aveano nelle lor mani la somma della cosa pubblica, e ne disponevano ad arbitrio, e coll’oppressione de’ più. Non essere altro rimedio a’ pubblici mali che chiamare anche il popolo a parte del governo. Il che inteso da Monsignore, sebbene non tenesse per vero quanto asserivano, ma come un pretesto di colorire il loro proposito, rispose loro che avevano ragione, e che giusti erano i loro lamenti; ma che intanto bisognava che non bruttassero la causa loro con rapine, con violenze e con minacce contro l’università de’ cittadini, che colpa alcuna non avevano, e che nondimeno già sentivano pesar su di loro gran parte degli effetti di quella rivolta. Li persuase quindi che la vegnente notte parte di loro stessi vigilassero al buon ordine della città, e tutti gli altri, per non recar confusione, si ritirassero nella Cattedrale, e non ne uscissero che la mattina seguente: al che, sebbene con gran difficoltà, finalmente aderirono i sollevati. E lo stesso Arcivescovo, per tenerli a bada, stette con loro in chiesa tutta quella notte, dando loro molte parole di affetto, e savii consigli. Colla quale avveduta desterità risparmiò la città dal guasto inevitabile, che tanta sfrenata moltitudine di popolo avrebbele recato nella notte che venne.

Ma fattosi giorno il tumulto ricominciò, ad onta degli sforzi del Prelato per impedirlo. Imperciocchè altri duecento villani scesero da’ casali, e s’unirono a’ Sasperatesi ed a’ cittadini malcontenti, e gittaronsi alla casa di Francesco Spanò ch’era uno de’ Sindaci, saccheggiandola per ogni verso. Ma nel dividersi tra loro la roba, vennero prima alle ingiurie, poi alle busse, e due di loro restarono uccisi. In tal mentre molta altra gente soprarrivava dalle altre vicine terre, fra cui circa duecento erano calati da Santo Stefano, e volevano aprirsi l’ingresso per la porta Mesa. Ma l’Arcivescovo, indefesso a preservar la città dall’eccidio della guerra civile, indusse i sediziosi a chiuder le porte, perchè altra gente non vi entrasse. Non si stancava medesimamente di esortarli a star quieti, ed a tornare alle case loro, promettendo sulla sua parola ch’egli si adoprerebbe per loro bene ad ottener che il governo della città fosse mutato; che fosse introdotto nuovo e miglior ordine di cose; e che sarebbe ridotto il prezzo del grano, vino, olio, pane, come essi volevano. Prometteva inoltre di far sì che i Mottigiani, prima radice di tanti pubblici danni, fossero ridotti al dovere. Ed i villani tra per il ri-