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   28 libro settimo


Dopo ciò, corsero accalcati e violenti contro la casa del Governatore, il quale vi si stava chiuso e sull’avviso. E quando furono ivi presso, uscì una fucilata da una delle finestre, ed uccise un di loro; a questa seguì un’altra, ma senza recar danno ad alcuno. Della qual cosa arrabbiati i sediziosi, tra i quali erano Giuseppe Tigani, Francesco Diano Parisio, e Mastro Ottavio Filocamo, assaltarono di viva forza il palagio, ne ruppero le porte, ed entrativi, corsero ad arrestare il Governatore che volendo far resistenza, si ebbe una leggiera ferita. Cadde alfine nelle loro mani, e per fargli villania lo chiusero nel più sozzo luogo della casa, non con animo di ucciderlo, ma di sostenerlo, e di fargli trapazzi. Poi per custodirlo con maggior cautela, e persuasine anche dall’Arcivescovo, lo trasferirono nelle carceri arcivescovili. E tuttochè egli avesse voluto allora far dell’ardito, dicendo male parole a quanti gli stavan presso (de’quali taluni avrebbero voluto finirla con segargli la strozza) nondimeno i più il lasciavano dire, e guardavano che altri non gli facesse alcun male.

Come seppe il Prelato i nuovi fatti, n’ebbe un dolore grandissimo, e volendo coll’imponenza della religione vincer la pertinace audacia de’ ribelli, egli ed il suo Vicario generale col Capitolo e Clero uscirono immediatamente in processione per le vie della città, ed andarono all’incontro de’ sollevati, i quali, seco traendo il Governatore per chiuderlo nelle carceri arcivescovili, si erano dirizzati a quella volta. Ma come videro l’Arcivescovo in quella sacra attitudine, riverenti deposero il prigioniero nella sua potestà, narrandogli che a tal fatto aveva dato istigazione e’ medesimo coll’uccidere un di loro dalla finestra del suo palagio. E l’Arcivescovo, per sottrarlo come più presto poteva alle lor mani, seco il condusse, e tennelo in sua casa con gran vigilanza e rispetto.

Era tuttavia nel palagio arcivescovile Vincenzo Ruffo, il quale non avea ancor creduto prudente consiglio l’uscirsene, per non aver qualche altro mal garbo: ed ora, vedendo che le cose in vece di sedarsi, si aggravavano, espresse all’Arcivescovo il desiderio di ritirarsi nel Castello, dove poteva star più sicuro; ed ove pure era per ritirarsi il Governatore per sua maggior sicurtà. Da ciò li dissuadeva l’Arcivescovo; ma quando ve li vide determinati, feceli uscir del palagio per la postierla che dava nel giardino, ed accompagnar sino al Castello. Donde dopo la mezza notte il Ruffo uscì occultamente, e s’imbarcò per Messina. Considerava intanto l’Arcivescovo, conferendo co’ Canonici e co’ nobili più influenti e ben veduti presso il popolo, qual fosse il rimedio al male presente, e quale a