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capo terzo 27

furioso alle prigioni, e rotte le porte mise in libertà i detenuti, i quali, congiuntisi co’ sediziosi, al primo fecero impeto nelle case di quelle nobili famiglie, ch’erano più odiate dal popolo. A che il Governatore, in vece di porre vigoroso riparo, e di sperder colla forza i ribelli, si chiuse e fortificò in casa propria, e lasciò alla lor balìa la città. Cresceva frattanto la rivolta, e pigliava gran forma; e già si era posto mano al fuoco ed alla rapina contro le case de’ ricchi e dei Sindaci, della cui amministrazione erano in ispecialtà malcontenti i popolani. Ma l’Arcivescovo, che avea trovato rimedio al primo danno, accorse senza indugio a mitigare i sollevati, e mostrar quanto possa, anche sugli animi irritatissimi e fuor di cervello, il sentimento religioso, ed il rispetto verso gli uomini veramente virtuosi. Uscito di palagio in compagnia di alcuni nobili e Canonici, senza altre armi che la sua sacra dignità, senz’altro potere che la sua carità ardentissima, corse ove più la sollevazione ferveva, con quella calma e fiducia che ispira il sentimento cristiano, e pregando e persuadendo e minacciando, fecesi a dimostrare a quella sciolta moltitudine quanto grave offesa recasse all’ordine pubblico, alle leggi, al Sovrano, ed a quanto pericolo e perdizione sarebbe per condurre i cittadini quel movimento inconsiderato e biasimevole. E gli animi popolari furono così vinti dalle esortazioni e persuasioni del venerando Prelato, che posero fine al tumulto; e come per incanto i cittadini tornarono mansuetissimi alle case loro; ed i contadini usciron di città quietamente.

V. Ma quella non fu che passaggiera calma, ed assai rado addiviene che l’acceso incendio si spenga prima di aver divorato molta materia. Il fuoco era rimasto compresso sotto la cenere, e di nuovo avvampò: di nuovo scesero i contadini, ed in maggior numero in città, chiamativi da tutti que’ cittadini, che volevano spingere la combustione popolare all’effetto de’ loro disegni, ed alle ultime conseguenze. A grosse bande, con impeto e furia irresistibile formicarono armati per le vie della città, e si scagliarono dapprima alla casa di Pietro Zunica segretario del Governatore; uomo tanto ignorante quanto malvagio, ed a tutti odiosissimo. Entrativi ciechi di rabbia, gli tolsero la vita e la roba, e diedero la casa alle fiamme. Fecero poi forza al palagio di Diego Strozzi, ricchissimo e nobilissimo uomo, e ne involarono molta parte delle sue ricche suppellettili; ma non gli fecero male alla persona. Così praticarono contro altre case, così contro quelle de’ Sindaci; alle quali si sarebbe anche dato il guasto ed il fuoco, se alcuni fra gli stessi sollevati non avessero frenate tante eccedenze.