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   26 libro settimo

giurie e bastonate; e poi ordinò a’ suoi che li menassero presi; ed in fatti ne sostennero due. Gli altri due, sfuggiti dalle loro mani, si diedero alla fuga, gridando tradimento, tradimento con quanto n’avevano in gola. Intesa questa perfidia dagli altri compagni, taluni si ricoverarono nella chiesa, e tali altri, uscendo a precipizio della città. narrarono il tradimento a’ compagni che fuori li aspettavano.

Quanto di ciò sieno rimasti irritati que’ villani, ognuno sel pensi. Tutti uniti entrarono con impeto nella città, e gridando tradimento corsero contro il Governatore, e trovatolo nel suo palagio presso il Convento del Carmine gli si gittarono contro. Egli aveva cercato svignarsela, ma non gli venne fatto; e fu colto. Nondimeno in vece di trapazzarlo e di svillaneggiarlo, come qualcuno avrebbe voluto, i più gli si presentarono a capo scoperto, solo domandandogli ordinasse che fossero liberati i due lor compagni; dopo di che sarebbero usciti di città senza dar molestia a persona. Ma il Governatore, stimando timore la loro umiltà, lungi dal rilasciar loro i due ch’eran presi, si porse asprissimo, e li rampognò del mal tratto che nei passati giorni osaron fare al Ruffo, e disse che gliel’avrebbero pagata di mala maniera. I Saspcratesi, ad onta del malpiglio del Governatore, non vollero trascorrer di botto ad altri più gravi passi, ma contentaronsi di riferire all’Arcivescovo quanto in quel momento avveniva. Questi, ch’era già indignatissimo contro il Governatore per la mancatagli fede, spedì tosto a lui un Canonico, per esortarlo che subito dovesse liberar que’ due ingiustamente sostenuti; e se nol facesse, protestava che avrebbe a lui imputati i danni e le sanguinose conseguenze che avvenir ne potrebbero. Furono scarcerati alfine, ma dopo molto contrasto e durezza.

Intanto que’ di Sasperato, quando videro che i loro compagni tardavano ad esser rimandati liberi, si sparsero per la città, e narrando il mal animo del Governatore, eccitavano i cittadini ad unirsi loro per levar di terra un malvagio che tanto ed in sì varie guise li travagliava. Da questi stimoli derivò una straordinaria effervescenza in una gran parie di cittadini; la quale mal contenta del presente, e desiderosa di meglio, accolse con fervore l’occasione di far tumulti e mutamenti. Aggiungi che gli avvenimenti di Napoli avevano già sollevato l’umor popolare, sì che la poca favilla era per secondare una gran fiamma. In quel che i due villani venivan tratti dal carcere, tutti i più ardenti, a cui pareva venuta l’ora, o non seppero, o fecero finta di non sapere la liberazione di que’ due. Onde il popolo si sollevò d’un senso, e mettendo a rumor la città corse