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capo terzo 21

curiosa, il nome di barone di Sambatello fu intestato a mastro Simone Siclari reggino, che aveva una buona infilzata di figli maschi.

Una delle condizioni della vendita era, che essendo questa fatta per mille fuochi, dovesse la città pagare alla regia Corte l’aumento di essi, alla ragione di ducati cinquantadue per ogni fuoco, se mai tale aumento si trovasse effettivo nel primo general censimento a farsi. Ma qualora essi risultassero in meno, dovesse la città pagar sempre per mille. Tal censimento fu fatto nell’anno seguente, e ne seguì una giunta di duecento cinque fuochi a carico dei Reggini; il che faceva che montasse a ducati diecimila seicento sessanta la somma che la città doveva soprappagare al governo. In questo stesso tempo Napoli aveva fatta promissione di un ricchissimo donativo al Sovrano; e come era costume che tutto il Regno in tali casi restasse tenuto a contribuirvi, Reggio fu tassata per sua porzione in ducati diciannovemila trecentodue e grana quattro. La qual somma, unita a’ ducati diecimila seicento sessanta, faceva ascendere il debito della città alla gravosa cifra di ducati ventinove mila novecento sessantadue e grana quattro. Ma trovandosi allora Reggio esausta di danaro per gli straordinarii pagamenti, che in sì breve tempo dovette fare al duca di Bruzzano; e dall’altra parte venendo pressata dal regio fisco alla soluzione del nuovo debito, questo non era ancor soddisfatto sino all’anno 1649. Laonde fu messo il sequestro alla baronia di Sambatello, la quale jure pignoris et hypotecae rimase nelle unghie fiscali. Così la città veniva spogliata di nuovo del suo feudo, il cui racquisto le era costato così caro, e Sambatello venne ceduta per lo stesso prezzo al principe di Ascoli Giuseppe de Leyva, verso cui la Corte aveva un debito di trentamila ducati. Cessione però che fu fatta dal governo contro il parere della regia Camera, la quale scorgeva lesi e disconosciuti così ingiustamente i diritti della reggina università. Dal principe di Ascoli fu tal feudo destinato al Pio Monte di Napoli, da lui detto Monte Ascoli, collo stesso titolo onde il teneva, cioè per diritto di pegno e d’ipoteca.

Se la città avesse avuti accurati e caldi difensori ed amministratori a tempo opportuno, avrebbe potuto racquistare agevolmente il suo diritto; giacchè tutti gli arretrati del donativo erano stati rilasciati dal re Filippo IV a’ suoi sudditi. Ma a questo non si seppe aver mente, o non si volle; ed intanto il duca di Bruzzano, che non aveva potuto inghiottire di vedersi sdrucciolar dalle mani la baronia di Sambatello, cercò di mettervi di nuovo le unghie, e gli riuscì di averla in affitto dagli amministratori del Monte Ascoli per