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capo primo 9

per provvedere a’ pubblici bisogni, quanto per ricavar maggior frutto dalla detta industria, fosse conceduto di poter mettere in Reggio i pubblici telai per tessuti di seta. Dal che non solo verrebbe incremento alle entrate della regia dogana, ma il lavoro e colore delle stoffe risulterebbe perfettissimo per l’abbondanza e comodità dell’acqua; e ne verrebbe molto onore ed utile al Governo, ed al paese. Nè andaron falliti i desiderii de Reggini, perchè ottenutane la regia licenza, i telai furono stabiliti in Reggio, e vi durarono lunga pezza con pieno successo.

Ivi a pochi anni i Mori, (1616) in numero di più che trecento mila, furon cacciati di Spagna ch’era già divenuta loro patria, ed ove tanti indissolubili e cari interessi di parentela e di commercio li legavano al popolo spagnuolo. Irritati a ragione contro il governo di Spagna, che strappandoli da quelle contrade, li aveva rimandati in Affrica, non potettero altrimenti sfogare il loro dolore e dispetto che gittandosi al guasto ed alla preda su queste nostre regioni, così lor vicine, e parte della spagnuola dominazione. Onde divenuti fieri pirati condotti da Samsone si diedero a corseggiare il nostro mare; e queste riviere calabresi ricominciarono ad esser tormentate dalle loro infestazioni. Di che com’ebbe notizia il Duca di Ossuna, allora vicerè di Sicilia, mandò lor contro molte navi a spazzarli. I pirati vennero parecchie volte al cozzo colle navi cristiane, ma finalmente n’andaron fiaccati e dispersi. Questa prova di vigore, ed il suo buon successo fecero che i corsari nell’avvenire si facessero vedere più raramente; tanto più che il detto vicerè, accresciuto il numero delle navi ch’eran di stazione contro quelli, venne a far dimora in Messina, donde vegliava assiduo alla sicurezza delle coste di Sicilia e di Calabria.

L’anno 1622, trovandosi in Messina il Duca di Ossuna, ch’era passato a Vicerè di Napoli, i Reggini vi si recarono in gran quantità a fargli osservanza, e presentargli varii graditi regali di squisite frutta. Ed avendo divisata al Duca la deliziosa posizione di Reggio, l’amenità de’ suoi giardini, la freschezza delle sue acque, egli ebbe voglia di conoscer di veduta le contrade reggine; e passato lo Stretto trovava le narrate cose non inferiori alla fama. Si accalcò allora ai passi del Vicerè una gran moltitudine di popolani, i quali vedendo quanto diletto e’ prendesse delle naturali bellezze della patria loro, andavan gridando tanto che fossero da lui intesi: — fresche esser le acque, bellissima la città, deliziosi i giardini, saporite le frutta; ma ciò che giovava al povero popolo, quando aggravato dalle concussioni de’ suoi governatori, non curvava la schiena al penoso lavoro