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   2 libro settimo

cui la patria nostra fu calpestata impunemente da quanti barbari vollero scendere di qua dalle Alpi a sfamarsi, vedemmo, dico, che Reggio in nessun secolo si è più avvicinata all’antico lustro quanto nel cinquecento. Nel quale, comunque le pubbliche sventure e le turchesche incursioni avessero posto alla malora la città nostra ed il suo territorio, pure ebbe meravigliosa pienezza ed attività di vita civile, calore religioso, e nobilissimo accordo d’intenzioni virtuose tra i diversi ordini degli amministratori e degli amministrati. Sicchè nè prima nè poi vide fondarsi tra le sue mura tante pubbliche opere, tanti civili e religiosi istituti, quanti in quel secolo. Quando ad una pia istituzione poneva mente e mano la potestà ecclesiastica, la pietosa opera era a gara ajutata e da’ privati cittadini, e dal pubblico governo: e per converso quando un’istituzione di civile educazione veniva proposta da’ laici, i Prelati soccorrevano con ogni lor possa al lodevole proponimento della potestà civile. Tutto insomma cospirava al progresso e miglioramento della comunanza cristiana, ed all’esplicamento ben diretto degl’interessi morali e materiali. Le quali cose tanto perdetter forza nel secolo decimosettimo, che a noi non resta che la fastidiosa narrazione di baruffe intestine, d’intrighi e persecuzioni dinastiche, di mutazioni di padroni, e d’infruttuosi conati di popolo per giungere, con mezzi non lodevoli e per influenza straniera, a quell’assunto, a cui non potè pervenire l’ardito disegno del Campanella.

Da quello che io racconterò, agguagliato alle nobili azioni de’ secoli decorsi, vedranno i lettori che quelle virtù, le quali allora eran pubbliche, non furono più che privilegio di poche anime elette, non contaminate dalla corruzione de’ tempi, nè dalle splendide turpitudini, di che sfacciatamente andavano alteri i doviziosi ed i potenti, facendosi beffe della miseria di una ignorante moltitudine, che applaudiva assai spesso a chi più sapeva opprimerla e corromperla. Ed il fasto andava crescendo quanto scemavano i mezzi di acquistar l’onesta ricchezza; ed il commercio e le industrie erano assassinati dai monopolii, e dagli assurdi balzelli che il governo spagnuolo, sempre assetato di moneta, imponeva. Quella concordia, che nel cinquecento era stata così edificante tra nobili, civili e maestri, andò sempre mancando ne’ secoli successivi; ed i nobili, guasti dalla boria spagnuola, cominciarono con matta arroganza a separarsi dai civili; i civili a voler esser nobili non colle proprie virtù, ma colle brighe e colla pecunia; i popolani in fine a credersi oppressi dagli uni e dagli altri. Onde vennero poi in Reggio quelle contenzioni dell’elezione de’ Sindaci, che alterarono allo spesso il reggimento municipale, e