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capo settimo 57   

gnatala, l’aggregarono a’ loro possedimenti. L’alleanza tra Mamertini e Campani stette sempre inconcussa fra mezzo alle fiere lotte che i Romani sostennero contro Tarentini, Sanniti, Lucani, Brettii ed Italioti. E nelle feste religiose e civili, ne’ traffichi, nelle scambievolezze della vita pubblica e privata costumavano tra loro come fossero abitatori di una sola città, fatta in due da poc’acqua. Ai pubblici giuochi ed alle feste di Messena accorrevano a folla i Reggini, come i Mamertini accorrevano a’ giuochi ed alle feste di Reggio.

A proposito di che, è rimemorata la sventura che incolse ad un Coro di trentacinque giovanetti mamertini; i quali mentre in compagnia del Corego e del Tibicine si recavano da Messena a Reggio per concorrere, com’era usanza, a’ ludi scenici ed alle feste che i Reggini celebravano con solenne rito, rotta in mare da subita procella la barca che li menava, tutti miseramente perirono. Del quale compassionevol caso patirono tanto dolore i Mamertini, che oltre delle altre funebri mostre, onde ne onorarono la memoria, vollero che a ciascuno di quegli sventurati fosse eretta una statua di bronzo; e ne fu allogato il lavoro a Callone Eleo che il condusse con molta perfezione e maestria.

VII. Frattanto la guerra tra i Romani ed i Tarentini, stata perplessa alcun tempo, volgevasi ormai favorevole all’ascendente fortuna romana. Gli alleati de’ Tarentini non si vedevano più; i Lucani ed i Brettii si erano riconciliati con Roma; e tutte le città italiote le si erano mutate quali in federate, quali in soggette. Taranto stretta dai Romani non aveva altra difesa che Pirro e sè stessa. Ma Pirro, uscito di Taranto contro i Romani, è affrontato e rotto presso Benevento dal console Curio Dentato, che gli uccide ventiseimila uomini, e ne fa prigionieri milletrecento. E questa vittoria mette tutta l’Italia a discrezione di Roma. Pirro è diloggiato d’Italia, ed altro non vi rimane di suo che Milone con un presidio nella rocca di Taranto.

I Cartaginesi vedevano di assai mal talento la sempre crescente potenza de’ Romani; e quantunque non cessassero di mantenersi loro alleati, accorsero contuttociò volentieri con la loro armata in Taranto, quando i Tarentini in odio a Milone, che comandava il presidio di Pirro, cercarono il loro ajuto a scacciarnelo. E restando pur vero quello che pretessevano, cioè essere unico fine della loro framettenza il fare uscir Milone dalla rocca tarentina, copertamente però si studiavano di confortare i Tarantini a non cedere quella rocca a’ Romani. E Papirio Cursore, che ne cavò il costrutto, seppe farla di mano a’ Cartaginesi, tirando Milone a consegnargli la for-