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   42 libro primo

tenne per due anni. Dopo de’ quali venne a mano di Niseo suo fratello; sinchè quest’ultimo non ne fu spogliato da Dionisio, che da Locri tornò a Siracusa; e vinta l’opposizione d’Iceta, tiranno dei Leontini, occupò quella parte della città che dicevano Isola; mentre Iceta rimaneva padrone delle altre due parti Neapoli ed Acradina.

VI. Calippo fuggito da Siracusa, e non avuto asilo in alcuna città di Sicilia, unissi a Leptine, ed entrambi si trasferirono in Reggio, la quale tuttavia, contenuta da un grosso presidio, durava obbediente a Dionisio. Un considerevole partito di Reggini, che non sapeva comporre l’animo a supportare la servitù della patria, era in pratiche di tornarla alla sua antica autonomia; e la venuta di Calippo e di Leptine affrettò l’attuazione dei generoso proposito. Il presidio di Dionisio fu scacciato da Reggio; (Olimp. 107, 2. av. Cr. 351.) e Calippo forse meditava di voltare ogni cosa a’ suoi versi, e ridurre a sè il dominio della città; ma in sul buono fu giunto dai siracusano Poliperconte che gli teneva le poste, ed ivi ucciso con quel pugnale medesimo, di cui per trafigger Dione si erano valuti gli Zantiotti. Reggio allora ritemperata allo stato popolare, in abbominio alla tirannide di Dionisio, ed a cancellarne la memoria tediosa, convertì le costui case in ginnasio, ed i platani che facevanvi ombra furono destinati e disposti ad abbellimento del Sisto.

VII. In tutto il tempo che Dionisio, esule da Siracusa, fece dimora in Locri, i cittadini sperimentarono la feroce indole del figliuolo della loro Doride. Non sì tosto egli fu accolto dai Locresi che intruse nella loro città un forte presidio, come a guardia della sua persona, ed ogni sua industria applicò a trovar nella libidine e ne’ soprusi un refrigerio alla sua sventura. Togliendo con bestial talento il fior verginale alle più leggiadre e nobili fanciulle locresi, si cattivò da’ cittadini un odio indicibile; i quali allora cominciarono a gustare l’amarissimo frutto del tanto festeggiato parentado. Ed alla ritornata in Sicilia del tiranno, i Locresi fatti liberi della sua presenza e ricordevoli delle vecchie e nuove vergogne, trucidarono i suoi soldati, imprigionarono la sua famiglia, e si dichiararono indipendenti (Olimp. 108, 2. av. Cr. 347.). Dionisio a tali novità mandò a persuadere i Locresi colle buone che liberassero i suoi; ma non avendo ottenuto cosa alcuna a niun patto, e’ li minacciò che sarebbe passato a distrugger Locri, ed a conseguir colla forza quel che non aveva potuto altrimenti. De’ nuovi minacci vendicaronsi brutalmente i Locresi; poichè dopo aver fatto perire in mezzo agli strazii la moglie ed i figliuoli di lui, delle costoro carni cibaronsi, le ossa nel frumento ne macinarono, ed in mare gittarono le squar-