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capo quarto 33   

prima parve loro assai dura cosa, e contiouarono a tener fermo; ma alfine più che il coraggio potè la necessità della natura, e si arresero. Dionisio, impugnato un bastone, fu veduto percuotere il colle, e notare ad uno ad uno que’ miseri che ne scendevano; i quali sommarono a meglio che dieci migliaja. E tutti si aspettavano di esser trattati con ogni rigore; ma il tiranno si porse loro umanissimo, e senza pretender riscatto, rimise tutti in libertà. E questa forse fu la più commendevole azione che Dionisio avesse operato in sua vita. Ma la sua generosità provenne tutta da politico accorgimento, non da benignità naturale; perchè così comportandosi smorzò l’odio de’ suoi nemici, e li distrasse dall'ajutare i Reggini. Imperciocchè pose per patto capitale agl’Italioti che più non prendessero le armi contro di lui, e nella contesa tra sè ed i Reggini non s’impacciassero.

Dallo sciagurato successo di questa battaglia, che costava agl’Italioti tanta perdita di uomini e di credito, derivò loro uno spavento indicibile. La lega contro Dionisio si sciolse; ogni città badò in disparte al fatto suo; e fu lasciato tutto a’ Reggini il doloroso carico di far petto alle aggressioni, ormai inevitabili, del tiranno. Così Reggio sventuratissima si accorgeva non dovere sperar più salute che dalla sua stessa disperazione. Dionisio alla sua volta era diventato così formidabile che nulla valeva a resistergli. L’ora era giunta di farsi pagare lo scotto da quell’altero popolo che aveva osato negargli una moglie. Rinfrescato l’esercito dalle fatiche durate nella battaglia dell’Elleporo, prese la ferma determinazione di marciar contro Reggio, o a farla sua, o a disfarla. E chi può narrare in quali ambasce si vedessero allora condotti i Reggini, i quali abbattuti dalle fresche sciagure, nè ajuti avevano nè schiere atte a mettersi in forte contro sì potente ed irritato nemico? Prevedevano pur troppo che se la città cadeva in suo potere, avrebbela senza dubbio abbandonata al sacco, all’incendio, allo sterminio. Laonde si deliberarono di mandarlo pregando che fosse loro misericordioso, ed imponesse pure tali patti che non soverchiassero l’umana condizione. Dionisio loro mise un accatto di trecento talenti; e volle la risegna di tutte le loro navi, che erano settanta, e cento statichi dei più nobili cittadini; e poichè tutto questo dovette essergli conceduto, e’ ritornò a Caulonia, ed espugnatala, ne traspose i cittadini a Siracusa, e data loro cittadinanza, ordinò che per cinque anni godessero immunità di ogni pubblica gravezza. Caulonia fu rasa, e donato a’ Locresi il suo territorio.

X. Nell’anno, che segui, (Olimp. 97, 4. av. Cr. 389.) Dionisio

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