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   298 libro sesto

quell’estremo cimento i contadini nostri, che precipitandosi a torme dalle terre superiori, correvano a sostener la pugna ed il coraggio de’ loro compatrioti. Alla fine penetrando furiosamente gli uni negli altri, cominciarono a combatter da vicino con quanto dava loro in mano la rabbia alterna. Colle spade, colle coltella, co’ sassi i nostri abbatteron più Turchi, che non avean fatto da lungi con pile e saette. Grande fu l’uccisione sofferta in tal mischia da’ Turchi, grandissima la gloria che conseguitò a’ Reggini; de’ quali pur molti venner desiderati, che nè senza gloria perirono nè senza vendetta. E la storia non tace tra i morti il nobil giovine Vincenzo Gerla, che, smontato di cavallo uccisogli sotto, resistette per più tempo ad un nemico drappello, tagliando ed uccidendo con esimia bravura quanti a lui si appressavano. Finalmente, riuscito a’ suoi compagni di torlo ancor semivivo al furore ostile, non guari dopo rese a Dio l’anima generosa.

VI. Nè voglio passar qui sotto silenzio un singolare esempio di fraterna pietà. Marcantonio Tricino giovine reggino, ferito gravemente nel fianco, nè potendo fuggire, vide per ventura un suo fratello Filippo, che passava ivi presso, e flebilmente il chiamò per nome. Quegli, conosciuta la fraterna voce, vi accorse, e senza indugio gittandosi sulle spalle l’amato peso, con lena affannata il menava seco. Intanto il ferito sentiva il celere avvicinarsi de’ Turchi, e pregava il fratello che ivi deponendolo, pensasse a salvarsi; poichè così non facendo, nè salverebbe lui moribondo, nè salverebbe se stesso. Ma tutto fu invano; perchè l’altro, determinatosi di morir col fratello, non evitò il nemico incontro. Nè più tosto ebbe finito di parlare il paziente, che il Turco era già alle loro calcagna. Il ferito allora fece adagiarsi sul suolo, ed animato dall’inevitabil pericolo, con inusitato sforzo si rizzò in piè. Entrambi stettero risoluti e fermi ad attendere il nemico. Una banda turca si cacciò in quel momento addosso a’ due fratelli, i quali lunga pezza all’impeto resistettero; ma da ultimo Marcantonio, colpito mortalmente da una lanciata, cadde il primo bocconi, ed esalò l’ultimo fiato sotto i duplicati colpi de’ barbari. Filippo seguì disperatamente a far provo da dirsene, ma poco di poi restò anch’egli accoppato da un furioso nembo di strali, e diventò cadavere sul cadavere fraterno. I nemici non saziarono la loro ira che squarciando a membro a membro quegli avanzi di una vita gloriosa ed immortale.

Dopo ciò tutti levarono con grande schiamazzo le lance in alto, e corsero ad inseguir la dissipata gente reggina. E discorrendo tutto lo spazio che questa aveva occupato, incendiarono le abitazioni a cui