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   296 libro sesto

tessero trovarsi insieme con sicurtà. Allestita una nave leggiera tre o quattro giorni di poi, fu ascesa da quel rinnegato, il quale volle che dapprima si remigasse rasente il lido, sino a che gli venne veduto sulla riva, a non molto dalla città, alquante persone insieme. Spiegò allora una bianca tela, e data ed accettata fede di reciproca sicurezza, smontò in terra, ed entrò con loro in varii ragionamenti. Dopo non molto trovò il destro di frammettervi ancora alcune astute e furbesche frasi, dalle quali traspariva la meditazione di qualche disegno. E portò la sorte del rinnegato che si trovasse fra que’ cristiani un tale di bassissima statura, nativo, come si racconta, di Sardegna; il quale militava nella guarnigione spagnuola, e per cattività d’animo era inchinatissimo ad ogni delitto; nè so chi l’avrebbe vinto in furberia. Or costui meravigliosamente comprese che le destre parole del rinnegato tendevano a trovare un coadiutore in qualche segreto maneggio. Per la qual cosa ancor egli interpose a luogo talune parole acconce a quel proposito; ed i due furbi si compresero a meraviglia. Maestrevolmente in fatti l’uno riuscì a fare intendere all’altro, che se cauto ritornasse la prossima notte a quello stesso luogo, vi troverebbe divisato in una scritta quanto avesse a far dalla sua parte.

Come prima venne la notte, il nano, a cui ogni ora pareva un secolo, ritornò al luogo stabilito, ed a prima giunta gli corse alla vista un vasellino, dentro cui trovò una lettera, ove gli si chiedeva apertamente il tradimento; ed anzi vi si animava con molte promesse. Rispose il nano collo stesso mezzo, bastargli la vista al compimento della cosa; e poichè voleva la fortuna che la vegnente notte toccasse a lui far la scolta al castello, era proprio quella l’occasione più propizia a far che i Turchi potessero esservi introdotti occultamente. Il perchè diceva esser necessario che una nave leggiera piena di soldati turchi si facesse furtivamente sotto al castello, e quivi stesse sull’avviso sino a che il nano non facesse sentir lo scoppio della polveriera. Il che come sentirebbe quella gente appostata, si gittasse celeremente a terra; ed in mezzo alla confusione che sopravverrebbe a quell’incendio, si avviasse al castello, e si precipitasse per la porta che troverebbe socchiusa.

V. Composta in tal modo la trama, e venuta appena la notte, il nano entrò quatto quatto nella cameretta delle munizioni con in mano una fune accesa, per ivi lasciarla presso la polvere, e fuggirsi. Ma vi fu sorpreso dal castellano, venutovi a caso in quello stante, il quale compreso il perfido intendimento di quel malvagio, gli si avventò di subito addosso, e si mise a gridar tradimento. Il nano