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capo terzo 277   

torio cominciarono a sentir de’ sordi tuoni sotterranei che si andaron di più in più aumentando sinchè il terreno cominciò ad ondulare assai sensibilmente. Allora gli abitanti spaventati, prima che sopravvenisse la notte del diciannove ottobre, tutti fuggirono a mettersi in sicuro, parte nella superior contrada Ottobono, e parte nella città. Per tutto il giorno ventesimo di tal mese le detonazioni e l’ondolamento crebbero in modo assai veemente e terribile, e finalmente verso le ore ventitrè videsi quella punta prima abbassarsi, e poi affondarsi di un tratto, e diventar mare; le cui onde frementi e spumose si distesero e chiusero, senza mai più ritirarsi, su quella terra sommersa.

VII. La eresia luterana, che aveva aperte ferite così profonde nel seno della cattolica religione, e divelta dal grembo della Chiesa tanta nobil parte d’Europa, si era insinuata dove più dove meno nelle provincie del Regno; nè la Calabria n’era rimasta incontaminata. Le dottrine di Lutero si eran nicchiate anche in Reggio, e narrasi che tra gli stessi familiari dell’arcivescovo Agostino Gonzaga, e nei nostri Conventi moltissimi avessero segretamente aderito all’eresia. Ma queste pratiche erano al tutto ignote al governo, nè le scoperse che un avvenimento di dissidii domestici. In Reggio le due nobili famiglie Monsolino e Malgeri eransi nimicate a morte (1561), e s’ingegnavano con ogni possibil modo di sterminarsi a vicenda. Finalmente Matteo Malgeri tanto si adoperò presso i regii Uffiziali che Tiberio e Matteo Monsolino furon cacciati via, non dalla città solamente, ma dalla provincia. Ciò fece montare in grand’ira i Monsolini ed i lor partigiani, i quali si levarono in armi, ed eccitarono tumulti e civili sedizioni. Furono aperte a forza le carceri, ed i prigionieri fuggiti corsero ad unirsi a’ Monsolini, che già avendo raccolte grosse bande di gente armata tornarono baldanzosi in città, ciechi di vendetta. I Malgeri non avevano trascurato di mettersi sull’avviso, ed un gran numero di cittadini di ogni grado e condizione era dalla lor parte. Si venne alle armi ed al sangue; la guerra civile divampò furiosa e micidialissima, e Matteo Malgeri ebbe tolta la vita nella fraterna mischia. Quando i Monsolini furono stanchi, non sazii di sangue, uscirono della città, e si gittarono armati alla campagna ed a’ misfatti. Nella città intanto continuarono gli avversi partiti a lacerarsi, a perseguitarsi, a svillaneggiarsi, ad uccidersi. Gli uni e gli altri si mordevano colle amare parole di luterani, e come tali si dinunziavano al governatore Spagnuolo. Queste accuse alfine cominciarono ad aver credito, e quando pervennero alle orecchie del Vicerè, questi ad estirpar la mala pianta, che avrebbe