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capo terzo 273   

chè il principe di Salerno che non voleva allontanarsi dal Regno prima di aver fatto provare a quanto giungesse il suo rabbioso dispetto, non volle restar da meno del Turco in malvagità ed in ferocia. Messosi nello Stretto colle navi francesi da lui comandate, effttuì uno sbarco in Reggio, e rase al suolo quegli edifizii che il furore ottomano aveva risparmiati. Ed allargandosi per le vicine campagne permise che il soldato francese desse il guasto agli orti ed agli alberi, a cui s’imbatteva; permise che il francese ferro mandasse a terra quelle maestose palme, che levandosi altissime, verdeggianti e rigogliose attorno alla città, le davano amena e nobil fattezza di paese orientale. Queste palme che i Turchi avevano rispettate, erano distrutte da gente che faceva chiamarsi civile, e cristianissima!

Le angustie di Reggio furono allora assai alleggerite da’ sindaci Matteo Gerìa, e Giovanni Luigi Monsolino, i quali posero ogni studio e premura perchè fossero scemati i dazii civici, ristaurati gli edifizii, e ricomposta la fortuna pubblica come meglio portava la trista condizione de’ tempi.

IV. Carlo V intanto, sopraffatto dalle fatiche dell’animo, e desideroso di finir nella solitudine e nella quiete gli ultimi anni della sua vita agitatissima, rinunziava a Filippo la Spagna (1555), il Regno di Napoli, e gli altri stati; l’Impero di Germania al fratello Ferdinando; e rendevasi frate. A Filippo II l’università di Reggio si affrettò d’inviare i suoi sindaci Camillo de Diano e Bernardo Monsolino per aver la conferma de’ privilegi; ed ottenne altresì che la fiera franca di San Marco durasse dal venticinque di aprile al dieci di maggio, e quella di agosto fosse prolungata da quindici a diciassette giorni. Ed oltre a ciò considerando il nuovo Sovrano le grandi desolazioni ed incendii che l’armata turca e la francese avevano arrecato negli anni antecedenti alla città di Reggio, volle graziosamente concederle l’esenzione e la franchigia del pagamento delle funzioni fiscali sì ordinarie che straordinarie, e di qualunque altro genere di contribuzioni (vale a dire de’ quattro grani per fuoco, di servizii, di donativi, e di altro che fosse) per lo spazio di venti anni (1556), da decorrere dal giorno dell’invasione del Barbarossa in essa città. La quale immunità e franchigia è stata poi dallo stesso Sovrano (1557) prolungata di altri dieci anni da far seguito al termine de’ primi venti.

Tra Filippo II ed il re di Francia era nata speranza di conciliazione reciproca; ma il pontefice Paolo IV non solo distornò il trattato di pace, ma diede voglia ad Arrigo di rinfocolar la guerra contro il re di Spagna, e ritentar la conquista di Napoli.