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   256 libro sesto

Leiva, che poi riuscì così famoso capitano nelle guerre d’Italia.

Come seppero queste novità i principi di Bisignano e di Salerno, che si eran gittati alla parte francese, fecero per tutto levata di soldati, ed armati i loro vassalli si congiunsero con Aubigny, che da Cosenza si era mosso ad attraversare i progressi delle armi spagnuole. Il Cardona aveva posto il suo campo sulla pianura ch’è al mezzodì di Terranova; ed aveva avuto spia che i Francesi non avrebber potuto giungere ivi nemmeno in due giorni. Contuttociò egli avrebbe voluto schivar la campagna, e ritirarsi nel castello di San Giorgio (1501); ma prevalse il consiglio del Benavida e del Leiva di aspettare i Francesi all’aperto. L’Aubigny però, usando la prestezza francese, camminò tutta la notte per via disusata colla guida de’ Calabresi, e presentate le genti in battaglia fece dar nelle trombe, quando gli Spagnuoli il credevano tuttavia molto lontano. Nondimeno si misero animosamente in ordinanza, e cominciando a combattere sostennero con molta saldezza la furia de’ Francesi. Ma dopo un lungo e feroce conflitto rimase a questi ultimi la vittoria, e gli Spagnuoli disordinati andarono in rotta ed in fuga. L’Aubigny però fu a gran pericolo della vita, perchè i cavalieri spagnuoli avevanlo tolto in mezzo, e quasi che preso, quando fu salvo dalla banda del principe di Salerno, che giunse in buon punto a suo ajuto. Ugo di Cardona, penetrando per quelle balze dirupevoli si raccolse alla Motta Bovalina, donde prese via per la Roccella, e da ivi a Gerace. Molta Bovalina fu occupata indi a non molto dai Francesi, che si posero ad inseguir gli Spagnuoli fuggitivi. Non vi fu quasi alcun paese in Calabria che dopo questa vittoria de’ Francesi non si voltasse alla parte loro, e gli Spagnuoli si andaron chiudendo nelle rocche più forti.

III. Non giunse appena in Spagna a Ferdinando la nuova degl’infortunii del suo esercito in Calabria ed in Puglia (dove Consalvo era costretto a star chiuso in Barletta) che subito fece mettere in punto un’altra armata nel porto di Cartagena; e questa con celerissima e prospera navigazione approdò in Messina, conducendovi un rinforzo di seicento cavalli e cinquemila fanti. Comandava l’armata e l’esercito il genovese Portocarrero, cognato di Consalvo, e sotto di lui militavano i valorosi capitani Alfonso Carvajale, che guidava la cavalleria, e Ferdinando d’Andrada che aveva il comando de’ fanti. Passato senza indugio lo stretto (1503), le truppe spagnuole sbarcarono in Reggio; ma quivi Portocarrero fu preso di tale infermità, che in breve il privò della vita. Chiamò a succedergli nel comando l’Andrada, e questi spartite le sue schiere in tre corpi, ed unitevi le reliquie dell’esercito del Cardona, marciò alla volta di