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capo sesto 249   

materia controversa, provvedesse in via di giustizia sommaria. Ma le petizioni de’ cittadini in questa parte uscirono a vuoto, perchè l’invasione di Carlo VIII, e gli straordinarii travolgimenti del regno mutarono al tutto la faccia delle cose; e Bertoldo Carafa senz’altro contrasto fece per sempre sua l’altrui roba.

Sotto Alfonso I la città pagava alla Corte ducati ottocento annualmente; poi sotto Ferdinando tal somma fu aumentata a mille cinquecento; ed oltre a ciò restava a carico della città ogni spesa per rifazione di mura o altro. Per le quali cose si spendevano ogni anno altri ducati trecento: e più, quando la città, per la minacciata invasione di Carlo VIII, fu nuovamente fortificata, dava essa per tali fabbriche ogni dì una muta di trenta uomini, e quattro paja di buoi; e da questa muta nè anche i Giudei erano esclusi.

III. All’avvicinarsi di Carlo VIII alle frontiere del Reame, le popolazioni cominciaron senza ritegno a palesare il loro odio contro la casa di Aragona, ed aspettavano con impazienza l’entrata del monarca francese. Sbigottito Alfonso II della gravità delle cose, rinunziò il nome e l’autorità reale al suo figliuolo Ferdinando, e dipartitosi, tramutossi in Sicilia. La conquista del Regno fu per Carlo una passeggiata trionfale in mezzo a popolo che già bramoso l’attendeva ed or festeggiavalo con pazzo entusiasmo. Re Ferdinando II che si era apparecchiato a resistergli, si vide a un tratto abbandonato dal popolo. Laonde fatto miglior consiglio, si ritirò anch’egli in Sicilia, aspettando la fine di tanto e sì inopinato avvenimento. La Calabria non fu l’ultima delle provincie a chiarirsi per Carlo senza che vi fosse bisogno di soldati a conquistarla; ma bastò che i soli capitani francesi d’Aubigny e Peron de Basquy si recassero a governarla in nome del loro sovrano. Due luoghi solamente nella meridional Calabria si tennero nella fede di Ferdinando II, e furono Amantea e Tropea. Non già che questi paesi non avessero fatto buon viso alle francesi insegne; ma conosciuto ch’erano stati dati in feudo ad un Precy francese, rialzarono le bandiere di Aragona, e tennero il duro di accordo co’ presidii aragonesi.

Ma quanto fu rapida la conquista, che i Francesi, condotti dal loro re, fecero del Regno di Napoli, tanto fu rapidissima la loro dipartita. Perciocchè costoro non sapendo contenersi nella prospera fortuna, divennero insolenti, alteri, ambiziosi; e quel ch’è peggio si diedero ad insulti personali, a rapine, a stupri, e ad altre violenze d’ogni fatta. Delle quali cose re Carlo poco si curava, ed ubbriacato dalle smisurate feste fattegli da’ Napolitani, reputava già incrollabile il suo nuovo dominio. Nè gli andava il pensiero a farsi obbligata la