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   246 libro quinto

qualsivoglia Vicerè ed Uffiziale, Auditore, o per qualunque denominazione denominato, debbano fare osservare i detti Capitoli, i quali il detto Signor Duca ha fatto pubblicare, perchè nessuno si possa per ignoranza escusare.

Expedita et concessa fuerunt praedicta Capitula per praefatum Dominum Ducem Calabriae Regium Primogenitum et Vicarium generalem in dicta nobili Civitate Rhegii, et lecta et publicata de sui ordinatione et mandato per Antonium Garzo Secretarium suum, praesentibus Sindicis et quampluribus aliis dicte civitatis Rhegii in numero copioso. Die vigesima octava decembris, 1473.

III. Mentre Alfonso dimorava in Reggio ebbe sovente occasione di correggere varii abusi e prepotenze di signori e feudatarii contigui. Una volta fra le altre l’Abadessa del monastero de’ Santi Quaranta, ed altri cittadini fecero richiamo a lui contro Bertoldo Carafa, ch’era Signor di Fiumara di Muro (1474). Costui aveva usurpati molti beni che il Monastero e varii altri cittadini possedevano nel territorio della sua signoria. E quantunque i Reggini avessero già assai volte fatto ricorso al Luogotenente della provincia, non avevano mai potuto conseguir riparazione e giustizia, per essere il Carafa uomo potente e temuto. Ma il Duca non intese appena questi gravami e le istanze de’ cittadini, che commise l’affare a Giovanni Capodiferro, affinchè di ciò pigliasse informazione, e ne riferisse il risultato. Tale informazione cominciò subito ad avere effetto; ed il Carafa, conoscendo aver mala causa, per mezzo di suo legittimo procuratore cedette e rinunziò lite ed istanze, dicendo che ognuno si togliesse la roba sua, e ch’egli non avea motivo alcuno di litigio. Ma quando il Duca di Calabria si allontanò da Reggio, il Carafa non solo si ripigliò la possessione de’ beni che aveva prima usurpati, ma molti altri ancora fece suoi a man franca. Nè solo questo, ma volendo onestar la cagione delle sue nuove rapine, e ritener l’altrui, incaricò un Guglielmo Fresino, che si recasse a Fiumara di Muro, e citasse molti di que’ cittadini che lo accagionavano di usurpazione; mentre non si trattava di altro, egli diceva, che di alcune differenze avvenute tra i cittadini di Reggio e lui. I Reggini citati comparvero, ma solo per protestarsi contro l’illegalità della citazione, ed allegare il loro foro; poichè essi, a tenore de’ privilegi della lor città, non potevano esser citati ad altra corte che a quella del loro Capitanio. Ma il Carafa, non ostante tale allegazione, ex primo decreto entrò e pigliò quelli ed altri beni e possessioni, e li ritenne per assai tempo, con capital pregiudizio de’ cittadini che se ne vedevano impunemente ed ingiustamente spogliati.