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capo quarto 231   

re di Navarra, fratello del morto Alfonso, come parte della fraterna eredità. Ma costui, avviluppato in civil guerra co’ suoi sudditi di Catalogna e di Navarra, e troppo occupato degli affari generali di Spagna, non volle turbar la signoria del nipote. Allora i baroni volsero il loro animo verso Giovanni, figliuolo di Ranieri d’Angiò. Questo Giovanni, che faceva chiamarsi Duca di Calabria per le ragioni di eredità sul reame di Napoli, governava a quel tempo Genova in nome di Carlo VII re di Francia; nella cui proiezione si era gittata quella repubblica, quando abbattuta dalle passate guerre, non credeva poter bastare da se sola a sostener la propria indipendenza. Giovanni pigliò questa propizia ventura per dare effetto alle antiche pretensioni della casa d’Angiò. S’invogliò dunque, secondato moltissimo da’ Genovesi, all’impresa del regno; e mosse dal porto di Genova nel 1459 con un’armata ragguardevole, composta parte di galee genovesi, parte di navi speditegli da Marsiglia da suo padre Ranieri.

Il più dichiarato partigiano di Giovanni era Antonio Centeglia, che non vedeva il momento di vendicar su Ferdinando le persecuzioni ed i travagli sofferti sotto il defunto Alfonso. Ma non prima scese Giovanni sulle coste del reame, che moltissimi baroni si apersero suoi fautori, e si trasser dietro il popolo delle provincia.

II. Dal momento che Ferdinando aveva avuto notizia della spedizione di Giovanni d’Angiò contro di lui, erasi accelerato a mettere in assetto di virile difesa le principali città e castella. Ed allora per suo ordine al vecchio castello di Reggio furono aggiunte due grosse torri verso scirocco, con un rivellino coronato di merli ad oriente. Furono inoltre rifatte a nuovo le mura della città, e piantato alla marina il nuovo edifizio della Dogana. A tal uopo il re costituì il nobile Nicola Gerìa reggino a Commissario e Soprintendente delle dette fabbriche per due anni, con piena potestà di ordinare e fare qualunque altra opera di difesa che gli sembrerebbe necessaria, adoperandovi gl’introiti delle collette generali, e delle regie gabelle. Il sollevamento contro Ferdinando se fu gagliardo in tutte le provincie, fu gagliardissimo in Calabria, ove attizzava l’incendio il marchese di Cotrone. Cosenza, ch’era allora la più popolosa e considerevole città di Calabria, si abbracciò pure a Giovanni, sebbene il castello si fosse mantenuto nella fede dell’Aragonese. Sull’esempio di Cosenza tutta la rimanente Calabria andò in fiamme. Ferdinando, comprendendo che a contener questa provincia, era prima necessario soggiogar Cosenza, che n’era la testa, vi spedì con buon nerbo di fresche milizie Alfonso d’Avalo e Roberto Orsini.