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capo quarto 195   

vernatore di Messina era consapevole e partecipe della congiura, della quale non si aspettava che il segno; nè questo fu tardi. Levarsi a rumore, abbatter le insegne aragonesi ed alzar le angioine, correr per le vie gridando Viva lu Re Aloisi di Napoli, e cui autru dichi, mora, fu tutt’uno in Messina. Uscito in sul buono dal castello del Salvatore il gran Siniscalco, faceva animo a’ sollevati, i quali traevano a fine l’opera loro consegnandogli le chiavi della città. Come la cosa fu consumata, Lodovico e Giovanna, che stavano in Reggio aspettandone l’effetto, si affrettaron di passare in Messina. Mostratisi ivi alla moltitudine, questa li salutò suoi Sovrani con applausi clamorosi. Ed eglino, ringraziati vivamente i Messinesi di tanta devozione, vi si trattennero parecchi mesi, e poi ritornarono a Reggio in dicembre. Dove la vigilia del Natale venne a festeggiare e complire la real coppia una gran quantità di nobili donne messinesi, a cui facevano compagnia molti de’ loro più illustri cittadini. Nicola Cesareo, che tanto avea contribuito al buon successo dell’impresa, fu fatto dal Re di Napoli Conte di Montalbano; e parecchi de’ principali Messinesi furono decorati del cingolo militare. Simone e Manfredi Chiaromonte fecero omaggio a’ Sovrani angioini; ma i Palizzi ed Artale d’Alagona, che rimanevano fedeli a Federigo re di Sicilia, erano usciti di Messina, quando videro non poter più impedire che questa città andasse a nuova signoria.

XI. Mentre erano dimorati in Messina Lodovico e Giovanna, i Reggini non avevano tralasciato occasione di conseguirne nuovi favorì. I Conti e Baroni, che avevano feudi a’ termini del distretto di Reggio, vi commettevano continue escursioni e violenze, arrecando gran detrimento alle possidenze de’ cittadini. I quali, di ciò richiamandosi al regio governo, ottennero che fosse adoperata una forza bastante a reprimere tali prepotenze, ed a far che in avvenire non avessero più a rinnovarsi. Ottennero ancora che de’ danni fosse loro fatta indennità da que’ Conti e Baroni, i cui vassalli li aveano commessi. Ed è da tener mente che tra costoro fu sempre il più insolente e pertinace il Conte di Sinopoli, come sarà manifesto dal corso della storia nostra. Da Lodovico e Giovanna fu concessa altresì a’ Reggini (1357) una Fiera franca di quindici giorni nel mese di agosto; la quale in seguito contribuì grandemente all’incremento dell’industria e del commercio tra i cittadini, e gli abitanti delle contermine regioni di Calabria e di Sicilia.

Lamentaronsi anche allora i Reggini, che i loro Capitanii si valessero impunemente, come di cosa propria, delle derrate del territorio, quali orzo, lupino, ferrana ed altro simile. Nè si tenevano