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capo primo | 163 |
nesi non poterono tenersi di correr da capo al palagio, e darvi il sacco. La qual novella recata al Conte giudicò anch’egli conveniente far disprezzo de’ patti, e si fortificò di buon modo nel castello di Calanna, che non aveva ancora consegnato a’ Messinesi.
VIII. Costoro intanto (1255), sgravatisi della signoria del Ruffo, destinarono di non assoggettarsi nemmeno a Manfredi, e costituironsi a libero governo, creando loro Podestà Iacopo da Ponte, e Capitano delle armi Lionardo d’Altigerio. Poi si affrettarono di prender forte posizione in Reggio, ed andare al possesso di Calanna. Ma il Ruffo, che quivi era, tenne preso un loro ambasciatore, ed un figliuolo di Lionardo d’Altigerio, che per caso si trovava in Calabria. Spedì ancora suo nipote Giordano Ruffo con buona mano di soldati nel Val di Crati, e negli altri prossimi luoghi della Terra Giordana, acciocchè potesse mantener quel popolo sotto la sua fede. Fortificò altresì di muraglie e di presidio i castelli di Bagnara e di Scilla, posti di contro alla Sicilia. E non cessava di vigilare le mosse de’ Messinesi, i quali non sazii di averlo cacciato di Sicilia, e toltogli Reggio, minacciavano di passar prestamente con un esercito ad occupargli gli altri possedimenti di Calabria.
IX. In questo mezzo Manfredi, che ignorava affatto quanto era avvenuto in Sicilia ed in Calabria, aveva spedito al Conte un suo confidente Riccardo di Fortina; il quale intesa in Nicastro la novità delle cose, aveva espulso da quel castello il vecchio castellano Fulcomero Tedesco come di fede dubbia a Manfredi, e messovi in cambio Ruggiero di Fortina suo padre. Ma arrivatogli addosso Giordano Ruffo, a cui facevano seguilo molte brigate di gente stipendiata e ragunaticcia, ricuperò non solo Nicastro, ma fece sostener Riccardo e Ruggiero di Fortina, ed il loro zio Guglielmo, Decano di quella Chiesa vescovile. Fece chiuder Riccardo nella Rocca di Tropea, contro il quale era principalmente sdegnato, perchè avea messo voce in Calabria, che al Conte Pietro avessero i Messinesi tolta la vita. Per la qual cosa i Cosentini si erano chiariti inchinevoli a Manfredi, che sino allora non aveva trovato partito in Calabria. Ma sopravvenendovi Giordano con grossa squadra di armati acchetò ogni tumulto, e confermò nella fede del zio tutta la provincia.