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capo quinto 151   

sistenza fosse per protrarsi di là da un giorno, essi avrebbero fatto venirsi da Messina contro il castello quante altre munizioni e genti fossero di bisogno ad abbatterlo. Ma i soldati, avendo a poca cura queste minacce, respingevano con molta fermezza chiunque si avvicinasse al castello. Pure guardando poi alla pochezza del loro numero, e che non vi fosse appena vettovaglie per tre giorni, risposero a’ Messinesi, ch’essi avrebbero liberato il Conte, qualunque ora lo strategò, o alcuno de’ Giudici di Messina, o qual altro sia regio Uffiziale si portasse in Reggio, ed ordinasse in sua presenza la consegna del prigioniero. Questo fecero senza punto d’indugio i Messinesi, menando per forza da Messina a Reggio Giacomo Ostiario, che vi soggiornava temporaneamente per commissione del governo. Così al Conte fu data, presente l’Ostiario, la libertà; ed i suoi liberatori lo condussero in festa a Messina, dove ogni ordine di cittadini accorse a congratularsene, ed a fargli riverenza. Odone al contrario ebbe arrandellata la strozza a furia di popolo.

X. Questa sommossa, che poi seguitando si dilatò in Palermo, e per tutta l’isola contro il Cancelliere, portò per effetto che questi dovesse fuggir di Sicilia. Dopo la sua fuga, quanti erano stati o imprigionati o banditi di suo ordine, furono liberati e ribenedetti. Gentile Vescovo di Girgenti sormontò tra i cortigiani potentissimo, ed il Conte di Montescaggioso, il Conte di Molise, e molti altri tra i principali Messinesi si recarono in Palermo con ventiquattro galee armate. Ivi ricomposero a lor senno la Corte, largheggiando de’ maggiori uffizii a’ loro congiunti ed amici.

A questi tempi (1169) vi fu sì forte e terribile terremoto per Calabria e Sicilia, che tutte le chiese, ed il più degli edifizii crollarono con gran mortalità di gente. Si rinnovò questo flagello nel 1184; ed allora Catania fu affatto distrutta; ed in Siracusa la celebre fonte di Aretusa mutò in torbide e salmastre le chiare e dolci acque. Reggio senti veementissimo lo scuotimento, ma non fu atterrata che in picciola parte. Maggior danno pati Cosenza, ove moltissime persone perdettero la vita sotto le mura che improvvisamente si sfracellarono; e fra queste persone fu lo stesso Arcivescovo Rufo.

È qui a proposito il dire che da papa Alessandro III fu conceduto il Pallio a Ruggiero Arcivescovo di Reggio, e suoi successori; e prescrittogli di potersene valere nella consecrazione de’ Vescovi suoi suffraganei, o fossero greci o latini. Alessandro III era allora in Messina; e re Guglielmo, che aveva ivi messo in ordine ogni cosa necessaria ad onorare e riverire convenientemente il Pontefice, gli mandò una magnifica galea per suo servigio, e quattro altre anche ele-