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   126 libro terzo

nopoli con un’armata carica di fresche truppe Carbea, Mauro Leone, e Romano Argiro (An. di Cr. 959). Soprantendevano i due primi alla flotta, l’altro all’esercito. Giunse l’armata greca a vista di Reggio, quando già i Saracini premevano questa città alla resa. Ma quando costoro videro il minaccioso accelerarsi de’ Bizantini, si levarono da campo, e fuggirono ratti in Sicilia. Poi chiesero, ed ottennero pace.

IV. Ma non stavano quieti i Saracini di Calabria. Albereco loro capo, il quale era succeduto a Saclabio, li conduceva a fare strazio della nostra terra; e soprattutto si era proposto di manomettere tutti i paesi del territorio di Reggio. Ma i Calabresi lo affrontarono risolutamente presso Santagata, e ne seguì la sconfitta delle sue schiere. Ed egli stesso trafitto da una saettata, traboccò morto nel calor della mischia (An. di Cr. 962). Il che veduto da’ Saracini, che erano già scorati e in disordine, si posero in fuga precipitosa. Trovandosi così mal giunti e schiacciati que’ ladroni, prima di rimetter mano alle loro ferocie, presero consiglio di rifortificarsi in Squillace: e cominciarono da fabbricarvi una grossa e forte torre, che desse loro sicuro ricetto, e li difendesse, a caso disperato, dagli assalti de’ Greci e de’ Calabresi. Ma i Cristiani, compreso il disegno de’ nemici, non concessero loro tempo ad attuarlo. Mal sopportando che i Saracini si radicassero tra loro, i nostri si collegarono, e ad un animo assalirono Squillace, e de’ nemici che vi eran dentro, parte ammazzarono, parte tennero presi. E smantellata, detto fatto, la torre non ancor finita (An. di Cr. 965), fecero bottino non pur di gran copia di cose preziose, ma e del frumento che i Saracini vi erano andati ammassando per loro provvigione.

Mentre la Calabria si avvolgeva in questi crucci, l’Emiro di Sicilia Amedo, mal patendo che Taormina presa già da Basilio protospatario, durasse in potere de’ Bizantini, si pose ad oppugnarla. E dopo un assedio di cinque mesi la ottenne, facendo prigioni settecento cinquanta de’ più ragguardevoli cittadini. In Costantinopoli moriva l’inetto Romano II, (An. di Cr. 963) che era succeduto a Costantino VI, e sedeva nuovo imperatore Niceforo Foca. Del quale fu primo pensiero rialzar la potenza e maestà dell’Impero nelle regioni occidentali; e pose cura che fosse preparata una nuova armata, fornita appieno del bisognevole alla guerra. Prese il comando di questa l’eunuco Niceta, e quello delle milizie il patrizio Manuello. Ma però volle la mala fortuna che questo rinforzo, non arrivato appena in Sicilia, fosse disfatto da’ Saracini.

V. L’imperatore Niceforo Foca, attendendo alla conformità del