Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/147

   122 libro terzo

riportò compiuta vittoria, ed obbligò gli avversarii a rincularsi in Sicilia precipitosamente. Non contento tuttavolta del successo, e volendo proseguire a battere i Saracini di Sicilia nelle proprie loro dimore, chiamò nuova gente dall’Affrica; e gittandosi sul litorale siciliano molle città e terre guastò ed arse, e molta gente fece prigioniera. Dopo di che si diede tutto al pensiero di ampliare in Calabria il suo Stato, e con poca fatica ebbe al suo potere Taverna, Belcastro, Petilia ed altri paesi, e de’ miseri abitanti quali trucidava, quali mandava incatenali nell’Affrica (An. di Cr. 933).

I Calabresi di mezzo a tanti rovesci videro ch’era necessità farsi coraggio, andar di concordia, dare risolutamente alle armi, e venire alla riscossa contro un avversario che non li lasciava aver pace, nè tregua. Tutti di un senso assalirono di notte tempo que’ Saracini ch’erano in Belcastro, e tutti li posero a fil di spada (An. di Cr. 934); di là corsero agli altri luoghi, e col ferro e fuoco, imitando la guisa de’ loro nemici, li andavano distruggendo ne’ loro covili. Poscia affrontarono arditamente Saclabio, e con persistente ferocia pugnatosi per gran pezza dalle due parti, ultimamente costui fu soverchiato dalla disperata bravura de’ Calabresi, e disfatto. Contuttociò non si rendeva per vinto, nè rimanevasi mai da vessarli, come gliene veniva il buon punto. Nè andò molto che gli altri stati d’Italia cominciassero ad averne apprensione. Da che provenne che i Calabresi, ad un animo coi Pugliesi, cogli Amalfitani e con Giovanni Duca di Napoli si stringessero in alleanza; e con quanta gente potettero porre sulle armi si avventarono sin dentro le sedi de’ Saracini, e quali sterminarono, quali imprigionarono, quali dissiparono (An. di Cr. 936). Nella pugna cadde morto Saclabio; e non si può dire quanta festa abbiano preso di tal morte gli affaticati Cristiani.