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   120 libro terzo

Stati la Calabria. Nè Landolfo, come sentì la loro spontanea offerta, si ricusò. Il Metropolita di Reggio ogni via aveva tentato perchè i Reggini rinsavissero, avvisando i danni che potrebbero conseguitar loro dalla vendetta imperiale. Ma erano allora così sollevati in ira gli animi de’ cittadini, che malgrado l’affezione e l’ubbidienza che avevano al loro Prelato, poco gli badarono ed allargarono il freno alla loro ribellione.

Quando Leucapeno ebbe spia della sollevazione di Reggio, si prese tanta onta del fatto di Landolfo, che non ebbe ritegno di confortare i Saracini di Sicilia a gittarsi nel Ducato di Benevento. I quali, nimicissimi del nome cristiano ed avvezzi a logorar dell’altrui, tennero assai volenterosi l’invito. Abulcasimo aveva di fresco spedito in Sicilia un’armata numerosa per comporre sotto la sua potestà quell’isola, ove un notabile partito di Saracini durava ancora amorevole alla dinastia degli Aglabiti, e si dimostrava ritroso al novello dominio dei Fatimiti. L’armata di lui fu subordinata al famoso corsale Abusaide, il quale, posto piede colla sua gente in Siracusa, vi alzò la verde bandiera della nuova dominazione araba. Palermo fu tratta a piegarsi a’ Fatimiti, e tutta Sicilia venne in breve alla balia di Abulcasimo. Un’altra armata di Saracini, cacciandosi per lo Stretto, assalì Reggio di nottetempo, (An. di Cr. 918.) mentre in forza del trattato di pace co’ Saracini di Sicilia, questa città non sospettava di alcuna vicina ingiuria. Reggio fu saccheggiata, ed una infinità di cittadini, svenati. Ma nell’anno appresso Olcobechio, che co’ Saracini di Calabria si stanziava in Squillace, ed aveva gola al dominio de’ luoghi adjacenti, non volle sostenere che altri Saracini venissero dall’Affrica a preoccupargli il possesso. Per la qual cosa si lanciò arditamente a snidar da Reggio que’ Saracini che l’avevano, quasi di furto, occupata. Si venne a battaglia, la quale fu fierissima; ed Olcobechio restò vincitore, e costrinse i Saracini a dar volta, e parte uccise e fece prigionieri.

Così questa Reggio, sguazzata di dominio in dominio, di città magnifica e di splendida residenza del Duca di Calabria, era divenuta povera e derelitta, e posta segno alla rabbia musulmana, che dopo il pasto aveva più fame che prima.

VIII. I Calabresi vedevano dolorosamente l’eccidio della patria loro, e pensavano come i Saraceni, dal loro nido di Squillace allargatisi a poco a poco, fossero divenuti alfine padroni di Reggio; conquista che sarebbe per porre in arbitrio de’ Barbari la Calabria tutta. Fermarono adunque lega co’ Greci dimoranti in questa regione, e cogli Amalfitani, al cui commercio le scorrerie de’ Saracini erano di