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capo primo 109   

persuaso a’ Saracini la passata in Sicilia) fu data spia delle novità quivi succedute. Ond’egli si trasse speditamente nell’isola con buon nerbo di gente; ma azzuffatosi co’ Saracini, fu battuto con totale sterminio de’ suoi, e ne perdette la persona. Allora Abdallà menò distruzione di molte delle più cospicue città e doviziose, corseggiò le riviere de Bruttii, e risalito sulle navi si portò seco un prezioso bottino, massime di simulacri d’oro e d’argento; e fecene dono al Califfo Moavia. Questa forse fu la prima incursione de’ Saracini in Sicilia, della quale isola restarono così innamorati, che non cessarono poi d’inquietarla allo spesso, sinchè non la ebbero tutta dominata. Per allora nondimeno il nuovo Esarca Teodoro Calliopa li costrinse a partirsi.

II. Intanto la guerra rottasi tra Costante e Moavia durava gaglliardissima nelle altre parti dell’impero, come nell’Armenia e nella Licia, ed i Cristiani avevano quasi sempre il peggio. Ma Moavia in ultimo, essendo alle mani col suo competitore Alì per il possesso dell’impero arabo, non reputò convenevole tenersi nemico Costante e quindi chiese ed ottenne pace (An. di Cr. 655). Non si presto Costante si vide sbrigato della guerra, che fece pensiero di passare in Italia a trar vendetta di papa Martino, cadutogli da più tempo in sospetto di aver chiamato in Sicilia i Saracini. E venutovi con potenti forze, si precipitò sopra Roma, e le diede orribilmente il sacco; poi seguitò correndo, a uso di ladrone, la Corsica e la Sardegna, e tutte le coste meridionali d’Italia per sino a Reggio; a cui fece provare la sua bestial ferocia. Da quivi passò in Sicilia, e si fermò in Siracusa; del che i Siciliani ebbero una matta allegrezza, e sperarono miracoloni dalla presenza dell’Imperatore. Ma seppero intanto in che strana maniera aveva costui aggravate di gabelle, capitazioni, ed altri odievoli balzelli le popolazioni italiane. E sperimentarono di breve i Siciliani sopra loro medesimi i rari benefizii dell’imperial presenza: sì che nn’infinità di persone, dandosi a fuga preferirono di prender casa in Damasco, sotto il saracinesco dominio. Ma l’ira di Dio aspettava Costante in Siracusa; ov’egli dandola per mezzo a stravizzi, a libidini, e ad infamie incredibili, mentre una volta tutto ignudo e voluttuoso si proscioglieva nel bagno, venne ucciso da Andrea di Troiso (An. di Cr. 663) uno di que’ tanti che non potendolo più comportare, s’erano congiurati a levarlo di terra. E Mecezio, giovine armeno di fattezze vigorose e bellissime, fu immantinente gridato imperatore da’ Siciliani.

III. Circa il tempo che queste cose intervenivano in Sicilia l’Esarca Teodoro Calliopa erasi recato a Reggio con molta milizia,