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capo quinto 101   

e de’ Bruttii fu retta da Severo, a cui però non fu mai dato il nome di Correttore. Ed al Correttore, ma però con più ristrette attribuzioni, succedette il Cancellario della Lucania e de’ Bruttii sotto Teodato e Vitige (An. di Cr. 534). Di questi Cancellarii conosciamo Vitaliano, Anastasio, e Massimo.

Era allora assai celebre presso i Lucani una Fiera, che favoreggiata dagli editti di Atalarico, aveva principio annualmente nel giorno di San Cipriano, ed era perciò delta Fiera di San Cipriano. Concorrevano in essa in gran copia Campani, Apuli, Calabri, e Bruttii, e facevasi mercato di manifatture, di merci indigene, e di ogni sorta bestiame.

Giustiniano che in questo mezzo aveva rialzato l’impero d’Oriente, rivolgeva seriamente nell’animo il disegno di cacciare i Vandali dall’Affrica, e dall’Italia i Goti; e così aggiungere al suo dominio queste contrade, ch’erano già due delle più nobili e ricche dell’impero occidentale. A Belisario fu addossata la magnanima impresa. E partito da Costantinopoli con un’armata formidabile, dirizzò la navigazione per l’Affrica; ed approdatovi, alla prima giunta espugnò Cartagine, e fece che i Vandali sloggiassero da quel paese. Fornita quell’impresa, si rivolse alla Sicilia, ed al primo ottenne Lilibeo (An. di Cr. 535); fortezza ch’era in potere di Trasimondo, re d’Affrica: poi Siracusa, Catania, Palermo. E brevemente, trasse tutta Sicilia all’obbedienza di Giustiniano. In questo termine di cose l’armata imperiale afferrava il porto di Messina, dove imbarcate Belisario le truppe, venne sopra Reggio, e domandò la città. Eurimondo, (o Ebernore o Ebrimuto come altri il dice) principe goto, che aveva per moglie Teodenanta figliuola del re Teodato, stanziava in Reggio con un buon nerbo di milizie per tener chiuso a’ Bizantini l’ingresso in Italia. Ma Belisario seppe far tanto con pratiche e promesse che si guadagnò il Goto, e senza ostacolo fu pattuita la dedizione di Reggio (An. di Cr. 536). E più, Eurimondo e tutta la sua gente si lasciò andare alla parte di Belisario. Non soffrendogli però l’animo di restarsi nel luogo del suo tradimento, accattò licenza di ritirarsi in Costantinopoli, dove a dimostrazione di gratitudine gli fu data la dignità di patrizio.

Belisario munita Reggio, e debitamente presidiatala, deputò a sua guardia Teremondo ed Imerio, prodi capitani, e seguitò il cammino per Roma, ove gli tardava di collocarsi vittorioso, e splendido delle sue glorie. Da Reggio sino a Napoli la flotta e l’esercito bizantino procedettero quasi sempre in vista l’una dell’altro, lungo le coste del Tirreno. Un drappello di Reggini, incitali e condotti da