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   98 libro secondo

prese fiato e potere. Cessato il pericolo, attese poscia con sollecitudine a chiuder le piaghe larghissime arrecate da’ Barbari all’impero: e volle soprattutto che fossero alleviate quelle provincie, sulle quali la ferocia di quella gente si era maggiormente aggravata (An. di Cr. 413). Ed ordinò che per cinque anni i Lucani ed i Bruttii non contribuissero se non il quinto de’ loro annuali tributi.

II. Genserico co’ suoi Vandali aveva levata a’ Romani l’Affrica settentrionale, ed espugnata Cartagine, dopo duecento ottantacinque anni da che era stata distrutta dal giovine Scipione (An. di Cr. 439). Nè sazio di sì vasto e ricco paese, metteva l’ingegno ad imprese più speciose. Sapeva essere a non molto spazio di mare la Sicilia, e di là da essa l’Italia; sapeva su queste terre aver avuto un tempo lunga signoria i Cartaginesi. Onde assoggettata Cartagine, e reputandosi perciò, quasi successore di Annone e di Annibale, entrato nelle antiche ragioni di quella repubblica, indirizzò il suo animo alla conquista della Sicilia e dell’Italia. Al quale intento, allestita con grande alacrità una potente armata, e fatto passaggio in quell’isola, tutta la corse e guastò, e tenne lungamente l’assedio a Palermo (An. di Cr. 440); ma non potè averla. Minacciò, seguitando, le coste della Lucania e de’ Bruttii: ma a questa provincia procurò difesa Cassiodoro da Squillaci, il quale aveva grande stato e potenza fra i suoi cittadini, ed era avolo dell’altro Cassiodoro, che fu poi così chiaro sotto Teoderico, e suoi successori. Ma in sul buono delle sue conquiste ed escursioni, venutagli fama che Sebastiano Conte fosse passato nell’Affrica dalla Spagna, dovette Genserico ritornar precipitoso in Cartagine.

Nondimeno, preso poi il tempo più opportuno, dopo la morte di Valentiniano III, con una flotta numerosa rinnovò la sua invasione in Sicilia, la quale, dopo espugnata Palermo, cadde tutta in poter suo (An. di Cr. 456). Nè valse a respingerlo Marcellino, che con una armata romana si accelerava alla difesa dell’isola. Trascorse Genserico ne’ vicini luoghi d’Italia, e perseguitò da per tutto i Cristiani co’ suoi Vandali; da’ quali, com’è credibile per induzione storica, la Lucania ed i Bruttii sono stati per lunga pezza dominati. Nè pretermise di molestare al continuo le altre provincie italiane, mettendo in preda gli averi, sterminando ed imprigionando le persone, atterrando le città e le borgate. A distruzione del feroce invasore preparavano in Roma grossi armamenti la madre di Valentiniano e la sorella di Teodosio. Ma i sordidi intrighi, ed i tafferugli cortigianeschi lasciavano l’impero senza nè difensore, nè principe, e stoglievano da’ virili consigli, e dalle opere risolute.