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   92 libro secondo

diviso in ventisei parti, delle quali quattordici restarono all’esclusivo governo di Augusto, e le dodici rimanenti a quello del Senato e del Popolo. Nelle parti da sè dipendenti Augusto collocò validissimi presidii, e ad amministrarvi ragione mandò suoi legati e procuratori. Ma per allontanar qualunque sospetto di voler aspirare al principato assoluto, dichiarò al Senato ed al Popolo, ch’egli per soli dieci anni avrebbe accettato il potere, cioè quanto bastava a rassettare le cose della repubblica, tanto sgominata e logora dalle interminate discordie degli ambiziosi ed inquieti cittadini.

II. Fra le quattordici parti dell’impero romano, che Augusto tenne a sè, era compresa l’Italia, la quale fu da lui suddivisa in undici regioni; e di queste la terza comprendeva Lucani, Bruttii, Calabri, Salentini, ed Apuli. Reggio col suo territorio fu aggregata a quello de’ Bruttii; mentre prima di questi tempi aveva formato sempre una regione appartata ed indipendente, della quale ì Bruttii, quand’erano nazione, avevano lungamente ambito il dominio; ma indarno. E ciò fece che Reggio, a par di Taranto e Napoli, potesse tuttavia sotto i primi tempi dell’impero romano (non ostante la sua condizione di colonia militare) conservare le sue greche fattezze, ed i suoi Pritani ed Arconti. Imperciocchè i Romani, con tutte le loro oppressioni, non vollero mai levarle, o alterarle la forma delle sue antiche istituzioni.

Della storia di Reggio sotto il romano impero sino all’invasione de’ Goti, nulla sappiamo; e quel pochissimo che abbiam potuto raccorre ci è argomento di quel molto che sfugge a qualunque indagine storica. Ci è noto soltanto che nell’anno di Roma settecento cinquantadue Augusto confinò in Reggio la sua figliuola Giulia, ove poscia morì. Ci è noto che quando Cajo Caligola uscito a un tratto da Roma «addolorato per la morta Drusilla, in lunga barba e crine scorreva ramingo, fatto misantropo, le coste d’Italia» passò da Reggio in Sicilia. «Ma arrivato in Siracusa, cangiatosi, a rompicollo tornò a Roma, fermo di non piangere, ma onorar Drusilla».

III. Era nato intanto (An. di R. 753) nella grotta di Betlemme quel vaticinato pargoletto che dovea rinnovare e redimere il mondo rivelando una religione di carità e di amore, la cui splendida verità avesse a dileguare gli errori degli antichi culti, e ricostruir la società sopra un patto novello. Dodici umili e poveri pescatori, fatta abnegazione di tutto, e seguendo i precetti di Cristo, loro divino Maestro, dovevano seminar per la terra i germi fecondi del Verbo di Dio. Fra gli altri primi seguaci del Redentore era Paolo da Tarso di Cilicia, il quale dopo la crocifissione è resurrezione di Gesù scor-