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   88 libro secondo

reva in tumulti, e poneva i Triumviri nella necessità di conchiudere con Sesto la pace. Nella quale fu posto che per tanti anni Sesto Pompeo ritenesse a se il dominio della Sicilia, della Corsica, e della Sardegna, per quanti sarebbe durato ad Ottaviano ed Antonio l’impero delle rimanenti provincie romane. Dopo questo trattato, concluso presso Pozzuoli, Pompeo prese via per Sicilia, Antonio ed Ottaviano per Roma. E siccome una delle prime condizioni della pace fu che i profughi potessero ricondursi alla patria, così quasi tutti quelli ch’erano in Sicilia tornarono in Roma, mentre Cesare Ottaviano faceva la spedizione della Gallia, ed Antonio quella dei Parti.

Ma questa pace non fecero durarla a lungo i sospetti scambievoli (An. di R. 716. av. Cr. 38); ed Ottaviano ed Antonio determinaronsi di combattere Pompeo con ogni possibile gagliardia. Ogni cosa fu ordinata alla guerra, ed un’armata romana fu mossa contro Sesto Pompeo, della quale parte era stata allestita in Taranto da Lucio Cornificio, e comandata dallo stesso Ottaviano; parte veniva dall’Etruria, e la conduceva Calvisio Sabino, a cui si era testò aggiunto Menodoro, che disertando da Pompeo si gittava ad Ottaviano. Oltre a questo, varie legioni furono avviate per terra verso Reggio, ove fecero la massa. Pompeo, che con grandi forze stava in Messana apparecchiato alla venuta di Ottaviano, ordinò che una sua forte armata, a cui soprantendeva il suo liberto Menecrate, andasse a percuotere in quella di Calvisio Sabino. Pompeo si rimase in Messana con un’altra parte delle sue navi. Le due nemiche armate s’incontrarono presso Cuma, ed appiccaron battaglia; ove le navi di Ottaviano furono sopraffatte, ma nella banda opposta però vi restò morto Menecrate, a cui sottentrò senza indugio Democare, ch’era altro liberto di Sesto Pompeo.

Credendo Calvisio che Democare volesse rinfrescare il conflitto, fece modo di evitarlo per allora; poichè essendosi affondati i suoi migliori legni, e tutti gli altri malconci, non si sentiva idoneo ad un secondo cimento. Quando poi seppe che Democare era ritornato in Sicilia, Calvisio, intento soprattutto a rifar le navi perdute, e rattoppar le guaste, non si dilungava guari dalla costa d’Italia.

VI. Ottaviano dall’altro lato, pervenuto da Taranto a Reggio, ov’erano ancora giunte le milizie terrestri, stava in bilico se dovesse provocare a giornata Pompeo, che dimorava presso Messana con sole quaranta navi, o aspettare altri ajuti. Che si venisse alla pugna era l’avviso degli amici di Ottaviano; ma questi non volle avventurare cosa alcuna, prima che alle sue forze si fossero con-