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capo terzo 85   

quali alcuni illustri, ch’erano testè ritornati da Roma. E da uno di costoro seppe che Bruto era in Napoli, e gli fecero notizia dell’editto di Bruto e di Cassio, e delle costoro lettere a’ Consolari ed a’ Pretorii per la prossima convocazione del Senato: nelle quali davano speranza che Antonio avrebbe ceduto colle buone; che le cose della repubblica si sarebbero composte senza tumulti; ed i fuggitivi richiamati in Roma. Mostravano ancora que’ Reggini a Cicerone quanto e’ fosse desiderato da’ Romani; e gli presentarono un esemplare della concione di Antonio, la quale, tutta piena di pensieri di riconciliazione e di pace, tanto aggradò a Cicerone, che deposto il proponimento di passare in Grecia, cominciò a pensare di tornarsene spacciatamente per Roma. Allora il grande oratore, ringraziando i venti, che quasi buoni cittadini mal patissero il suo allontanarsi della patria, e perciò spiravano avversi alla sua navigazione, e lo respingevano a Reggio, da questa città si affrettò, coll’ajuto de’ venti e dei remi, di ricondursi a Roma.

Ma come vi fu giunto ebbe a conoscere quanto fosse fallace la speranza di riveder libera la patria sua, la quale miseramente tartassata dalle intestine contese, e dalle insaziate ambizioni di Antonio, del giovine Ottaviano e di Lepido, dava gli ultimi tratti.

II. Costoro, ristretta nelle loro mani tutta la somma dello Stato, se ne spartirono tra sè il vasto territorio, eccetto solo le provincie oltre il Ionio, ch’erano tuttavia tenute da Bruto e Cassio. (An. di R. 711, av. Cr. 43). Costituirono così quel feroce Triumvirato, che affogò nelle sue compressioni la romana libertà, e schiuse il sentiero alle proscrizioni, ed a’ supplizii sanguinosi. Uno de’ primi proponimenti de’ Triumviri fu di romper guerra con Bruto e Cassio; e perchè i veterani dell’esercito romano si battessero con fervore e coraggio, loro promisero tra gli altri premii, quando tornassero vittoriosi, di collocarli in colonie in diciotto città d’Italia, sopra le altre eccellenti e per ricchezze, e per feracità di terreno, e per nobiltà di edifizii. Le quali città co’ loro terreni ed edifizii sarebbero divise tra i medesimi, come se fossero giusta preda di guerra.

Tra queste diciotto città erano maggiormente considerevoli Capua, Reggio, Venosa, Benevento, Nocera, Arimino, e Vibona. E quanto Reggio fosse allora nobile, ricca, e popolosa città si deduce da questo; che non solo era annoverata tra le diciotto più grandi città d’Italia, ma che tra queste stesse diciotto era una delle più prominenti. E così la più bella ed eletta parte d’Italia era promessa bottino alla romana soldatesca.

Ma prima che altro, i Triumviri fecero stima doversi sbarazzare