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mile; e con questo confesso, che degnamente io insieme con voi siamo, incorsi il sdegno del fato, che non ne fa più essere riconosciuti per dei, e mentre abbiamo a le sporcarie de la terra conceduto il cielo, ha dispensato, ch’a noi fussero cassi li tempj, imagini e statue, ch’avevamo in terra; a fine che degnamente vegnano depressi quelli, quali indegnamente han messe in alto le cose vili o basse.

Oimè! dei, che facciamo? Che pensiamo? Che indugiamo? Abbiamo prevaricato, siamo stati perseveranti ne gli errori, e veggiamo la pena giunta e continuala con l'errore. Provedemo dunque, provedemo a’ casi nostri! perchè, come il fato ne ha negato il non posser cadere, così ne ha conceduto il posser risorgere; però, come siamo stati pronti al cascare, cosi anco siamo apparecchiati a rimetterci sui piedi! Da quella pena, ne la quale mediante l'errore siamo incorsi, e peggior de la quale ne potrebbe sopravvenir, mediante la riparazione, che sia ne le nostre mani, potremo senza difficultade uscire. Per la catena de gli errori siamo avvinti; per la mano de la giustizia ne disciogliamo! Dove la nostra levità ne ha deprimuti, indi bisogna, che la gravità ne inalze. Convertiamoci a la giustizia, da la quale essendo poi allontanati, siamo allontanati da noi stessi; di sorte, che non siamo più dei, non siamo più noi. Ritorniamo dunque a quella, se vogliamo ritornare a noi! L’ordine e maniera di far questo riparamento è, che prima togliamo da le nostre spalle la grieve soma d’errori, che ne trattiene; rimoviamo davanti li nostri occhi il velo de la poca considerazione, che ne impaccia; ingombriamo dal core la propria affezione, che ne ritarda; gittiamo da noi tutti que’ vani pensieri, che ne aggravano; adattiamoci a demolire