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Giunone, che lo apparecchiò vastatore del cleoneo paese, a fine che, a mal grado di quello, aspettasse l’avvenimento del strenuo Alcide? Ercole invitto, laborioso, mio figlio, che col suo spoglio di leone e la sua mazza par che si difenda le venti e otto stelle, quali con più che mai altri abbia fatto tanti gesti eroici s’ha meritate, pure, a dire il vero, non mi par conveniente, che tegna quel loco, onde il suo geno pone avanti gli occhi de la giustizia il torto fatto al nodo coniugale de la mia Giunone per me e per la pellice Megara, madre di lui. La nave di Arco, ne la quale sono inchiodate quaranta cinque risplendenti stelle, ne l’ampio spazio vicino al circolo antartico, evvi ad altro line, che per eternizzare la memoria del grande errore, che commise la saggia Minerva, che mediante quella instituì i primi pirati, a fine che, non meno che la terra, avesse li suoi solleciti predatori il mare? E per tornar là, dove s’intende la cintura del cielo, perchè quel bove, verso il principio del zodiaco, ottiene trenta e due chiare stelle, senza quella, ch’è ne la punta del corno settentrionale, e undici altre, che son chiamate informi? Per ciò ch’è quel Giove, oimè! che rubò la figlia ad Agenore, la sorella a Cadmo. Che aquila è quella, che nel firmamento s’usurpa l’atrio di quindici stelle, oltre Sagittario verso il polo? Lasso! è quel Giove, che ivi celebra il trionfo del rapito Ganimede, e di quelle vittoriose fiamme ed amori. Quella Orsa, quella orsa, o dei! perchè ne la più bella ed eminente parte del mondo, come in una alta specola, come in una più aprica piazza, e più celebre spettacolo, che ne l’universo presentar si possa a gli occhi nostri, è stata messa? Forse a fine che non sia occhio, che non veda l’incendio, ch’assalse il padre