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dialogo primo | 49 |
minori, che quella, che vi fa essere a presso l'Idra la Tassa ed il Corvo, che ottegnono quarant’e una Stella, per memoria di quel, che mandaro una volta li dei il Corvo a prender l’acqua da bere, il qual per il cammino vidde un fico, ch’avea le fiche o li fichi — perchè l’uno e l’altro geno è approvato dai grammatici, dite come vi piace — per gola quell’uccello aspettò, che fussero maturi, de’ quali al fine essendosi pasciuto, si ricordò dell’acqua, andò per empir la lancella, viddevi il dragone, ebbe paura, e ritornò con la ciarra vuota a li dei: i quali, per far chiaro, quanto hanno ben impiegato l’ingegno e il pensiero, hanno descritta in cielo questa istoria di sì gentile e accomodato servitore. Vedete, quanto bene abbiamo speso il tempo, l’inchiostro e la carta! La Corona austrina, che sotto l’arco e piedi di Sagittario si vede, ornata di tredeci topazj lucenti, chi l'ha predestinata ad essere eternamente senza testa? Che bel vedere volete voi, che sia di quel pesce Nozio, sotto li piedi d’Acquario e Capricorno, distinto in dodici lumi, con sei altri, che gli sono incirca? De l'altare o turibulo, o fano, o sacrario, come vogiiam dire, io non parlo; perchè giammai gli convenne così bene d’essere in cielo, se non ora, che quasi non ha dove essere in terra; ove vi sta bene, come una reliquia, o pur come una tavola de la sommersa nave de la religion e colto di noi.
Del Capricorno non dico nulla, perchè mi par dignissimo d’ottenere il cielo, per averne fatto tanto beneficio, insegnandoci la ricetta, con cui potessimo vincere il Pitone; perchè bisognava, che li dei si trasformassero in bestie, se volevano aver onor di quella guerra, e ne ha donata dottrina, facendoci