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46 de la bestia trionfante

da molti di voi fuggito: mentre chi lo teme, per non farsi nemici, chi per incertezza di chi vince e di chi perde, chi per timore, ch’il suo consiglio non sia tra’ dispregiati, chi per dispetto per quel, che il suo parere tal volta non è stato approvato, chi per mostrarsi neutrale ne le cause pregiudiziose o de l’una o de l’altra parte, chi per non aver occasione d’aggravarsi la coscienza; chi per una, chi per un’altra causa. Or vi ricordo, o fratelli e figli, che a quelli, ai quali il fato ha dato di posser gustar l’ambrosia, e bevere il nettare, e goder il grado de la maestade, è ingiunto ancora di comportar tutte gravezze, che quella apporta seco. Il diadema, la mitra, la corona, senza aggravarla, non onorano la testa: il manto regale e lo scettro non adornano senza impacciar il corpo. Volete sapere, perchè io a ciò abbia impiegato il giorno di festa, e specialmente tale, quale è la presente? Pare a voi dunque, pare a voi, che sia degno giorno di festa questo? E credete voi, che questo non deve essere il più tragico giorno di tutto l’anno? Chi di voi, dopo ch’arà ben pensato, non giudicarà cosa vituperosissima di celebrar la commemorazion de la vittoria contra i giganti, a tempo, che da li sorci de la terra siamo dispregiati e vilipesi? Oh che avesse piaciuto a l’onnipotente irrefragabil fato, che allora fussimo stati discacciati dal cielo, quando la nostra rotta per la dignità e virtù de’ nemici non era vituperosa tanto, perchè oggi siamo nel cielo peggio, che se non vi fossimo, peggio, che se ne fussimo stati discacciati, atteso che quel timor di noi, che ne rendea tanto gloriosi, è spento, la gran riputazione de la maestà, providenza e giustizia nostra è cassa, e quel ch’è peggio, non abbiamo facultà e forza di riparar al