Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
dialogo primo | 45 |
Credetemi, dei, perchè crederete il vero; già dodici volte ha ripiene l’inargentate corna la casta Lucina, ch’io son stato in la determinazione di far questa congregazione oggi, in questa ora, e con tai termini, che vedete! E in questo mentre sono stato più occupato sul considerar quello che devo a nostro mal grado tacer, che mi sia stato lecito di premeditar sopra quello che debbo dire.
Odo, che vi maravigliate, perchè a questo tempo, rivocandovi da vostro spasso, v’abbia fatto citar a la congregazione e dopo pranzo a subitaneo concilio. Vi sento mormorare, che in giorno festivo vi vien tocco il core di cose seriose, e non è di voi chi a la voce de la tromba e proposito de l’editto non sia turbato. Ma io, benchè la ragione di queste azioni e circostanze pende dal mio volere, che l’ha possuto instituire, e la mia volontà e decreto sia l’istessa ragione de la giustizia, tutta volta non voglio mancare, prima che proceda ad altro, di liberarvi da questa confusione e maraviglia. Tardi, dico, gravi e pesati denno essere i proponimenti; maturo, secreto e cauto deve essere il consiglio: ma l’esecuzione bisogna, che sia alata, veloce e presta. Però non credete, che intra il desinare qualche strano umore m’abbia talmente assalito, che dopo pranzo mi tegna legato e vinto, onde non a posta di ragione, ma per impeto di nettareo fumo proceda a l’azione; ma dal medesimo giorno de l’anno passato cominciai a consultar entro di me quel tanto, che dovevo eseguire in questo giorno ed ora. Dopo pranzo dunque, perchè le nove triste non è costume d’apportarle a stomaco digiuno, a l’improviso perchè so molto bene, che non così, come a la festa, solete convenir volentieri al consiglio, il quale è intensissimamente