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voi, che non conosca Giove la condizion del fato, che per proprio e pur troppo divulgato epiteto è intitolato inesorabile? È pur verisimile, che nel tempo de le sue vacanze, se pur il fato gli ne concede, talvolta si volga a leggere qualche poeta, e non è difficile, che gli sia pervenuto a le mani il tragico Seneca, che gli done questa lezzione:


Fato ne guida, e noi cedemo al fato;
E i radi stami del contorto fuso
Solleciti pensier mutar non ponno.
Ciò che facciamo e comportiamo, d’alto
E prefisso decreto il tutto pende;
E la dura sorella
Il torto filo non ritorce a dietro.
Discorron con cert’ordine le Parche,
Mentre ciascun di noi
Va incerto ad incontrar li fatti suoi.


sof. Ancora il fato vuol questo, che, ben che sappia il medesimo Giove, che quello è immutabile, e che non possa essere altro, che quel che deve essere e sarà, non manchi d’incorrere per cotai mezzi il suo destino. Il fato ha ordinate le preci, tanto per impetrare, quanto per non impetrare; e per non aggravar troppo gli animi trasmigranti, interpone la bevanda del fiume leteo, per mezzo de le mutazioni, a fine che, mediante l’oblio, ognuno massime vegna affetto e studioso di conservarsi nel stato presente. Però li giovani non richiamano lo stato de la infanzia, gl’infanti non appetono lo stato nel ventre de la madre, e nessuno di questi lo stato suo in quella vita, che vivea, prima che si trovasse in tal naturalitade. Il porco non vuol morire, per non esser porco: