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dialogo terzo 157

etade ferrigna, e lutosa, ed argillosa, avendo posti li popoli in ruota ed in certa vertigine e precipizio, dopo che l’ha sullevati in superbia ed amor di novità, e libidine de l’onore e gloria d’un particolare. Quello che in sustanza non dissimile a tutti, e tal volta in dignitade e merito è intimo a que’ medesimi, con sua malignicele è stato forse superiore a molli, e però viene ad essere in potestà di evertere le leggi de la natura, di far legge la sua libidine, a cui servano mille querele, mille orgogli, mille ingegni, mille sollecitudini, mille di ciascuno de gli altri compagni, con li quali così boriosa è passata avanti la fatica; senza gli altri, che sotto le vesti di que’ medesimi coperti ed occolti, non son apertamente giti, come l’astuzia, la vanagloria, il dispregio d’altri la violenza, la malizia, la fizionc, e li seguaci loro, che non son passati per la presenza vostra; quai sono oppressione, usurpazione, dolore, tormento, timore e morte, li quali son gli esecutori e vendicacalori, mai del quielo ozio, ma sempre de la sollecita e curiosa industria, lavoro, diligenza, fatica, e così di tanti altri nomi, di quanti, per meno essere conosciuta, sè intitula, e per quali più tosto si viene ad occoltare, che a farsi sapere. Tutti lodano la bella eia de l’oro, ne la quale facevo gli animi quieti e tranquilli, assoluti da questa vostra virtuosa dea, a li cui corpi bastava il condimento de la fame a far più più suave e lodevol pasto le ghiande, li pomi, le castagne, le p ersiche e le radici, che la benigna natura amministrava, quando con tal nutrimento meglio li nutriva, più li accarezzava, e per più tempo li manteneva in vita, che non possono far giammai tasti altri artificiosi condimenti, ch’ha ritrovati l’industria ed il studio, ministri di costei; li quali, in