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la selva oscura 35


                    ch’emisperio di tenebre vincia.

Il fuoco risplendeva nel mezzo alle tenebre, senza sperderle e allontanarle. Quel luogo è1

                                  non tristo da martiri,
                    ma di tenebre solo.

Anche la selva oscura, nella quale Dante si ritrovò smarrito, in comparazione di ciò che egli ha a soffrire avanti le fiere, si può dire che sia trista solo di tenebre. Ma Dante continua:2

               Non era lunga ancor la nostra via
               di qua dal sonno...

Di qua dal sonno? Già: sonno e non sommo lessero gl’interpreti antichi e dànno moltissimi codici. E lessero e dànno bene; e questa paroletta somno o sonno invece di sommo deve essere una delle più certe per sceverare i migliori codici danteschi dai peggiori. Sì: dal sonno! Come Dante ha intraveduta la selva oscura nel limbo dei non battezzati, la selva della servitù nel tempo stesso che Virgilio parlava di liberazione; così qui ricorda il sonno col quale cominciò la sua notte di servitù e di tenebre. Nel limbo, la prudenza non era stata infusa col battesimo; nella selva, la prudenza infusa col battesimo, non raggiando nell’atto, giaceva sonnolenta nell’oscurità dell’abito. Si tratta di quasi medesimo effetto scendente da quasi medesima causa: difetto di prudenza per via del peccato originale non deterso o come se deterso non fosse.

  1. Purg. VII 28 seg.
  2. Inf. IV 68.