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matrimonio; prima dunque, non solo del 1300, ma del 1298. La mirabile Visione, che poi dal Poeta fu posta nel 1300, era stata veduta o, diciamo, concepita, prima.

Se avesse adombrato allora il suo disegno! Il principale personaggio del poema, sarebbe pur stato lui, Dante: Dante, che domato da un grande dolore, di quelli che vengono da Dio e non dagli uomini, lasciava la via degli uomini o del mondo, e s’incamminava per quella di Dio, dove avrebbe ritrovata la donna che aveva perduta. Sarebbe stato il poema della rassegnazione, la cui suprema parola poteva esser questa: Dio, tu me l’hai tolta nella vita, tu me la rendi nella morte: sii benedetto! Ma gli uomini, che esso avrebbe abbandonati, di nulla erano ancora rei verso lui, verso lui che guardava allora tutti con occhi d’amore, e indirizzava le sue dolci parole agli sconosciuti romei. Egli, ferito dal primo strale, si sarebbe rifugiato là dove non aveva a temere più altre ferite. Egli si sarebbe messo nel porto dopo un primo tuono, avanti lo scoppiare della procella.

Ma ora? Egli ritrovava nel suo cuore il dolor d’allora e il proposito d’allora; ma dove, ma quale vedeva sè stesso! Bandito, infamato, dannato al fuoco, lontano dal luogo del suo battesimo, senza tetto e senza pane.

Il libello ascetico ch’egli avrebbe scritto, diventò la Comedia: il frate minore diventò il Cristo. Il dannato al fuoco, il mendico perduto tra gli uomini di corte, l’umile pedagogo, il modesto lettore dello studio, si sublimò sui tempi e sulle nazioni e sulle fazioni e sulle scuole e sui re e sui papi. Discese come il Cristo di San Paolo, per ascendere. Morì per vivere