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vinava o lo travedeva nelle parole mathesis e mathematica. Mi fermano queste parole del Convivio:1 “per virtù di loro arti li Matematici...„ E mi fermano quest’altre del Paradiso: “chi pesca per lo vero e non ha l’arte„. Chè di questi inetti pescatori, tra altri, un esempio assai strano è portato, Brisso, il quale è ricordato da Aristotele come cercatore della quadratura del circolo.2 Mi parrebbe probabile che nella parola mathematica o, vogliam piuttosto, nell’idea di mathematica, Dante supponesse viva la parola e idea di “arte„. Quanto alla seconda parte del nome, non vorrei affermare che Dante conoscesse il verbo eldomai. Piuttosto andrei a congetturare, mi sembra con verisimiglianza, che, nel nome femminile di Matelda, Dante o supponesse o meglio inserisse a forza l’idea di Eden come ce n’è un poco il suono, o non poco, se si ricordano altre etimologie Dantesche. “Eden„ egli trovava interpretato in S. Bernardo per voluptas.3 E così il nome di Matelda, nella sua mente, avrebbe sonato: Gioia nell’arte, arte tra la gioia. E luce può rendere a noi,

  1. Conv. IV 5.
  2. Par. XIII 123, 125.
  3. D. Bern. In festo omn. Sanct. Sermo V. In quel sermone è interpretato Egitto per Tenebre, Israel per veggente Dio, che può aver giovato al Poeta per il Purg. II 46 segg. Ecco il passo dell’Eden: «Donde ciò se non perchè mi hai posto contrario a te? Tu sei la vera libertà, tu la vita, tu la gloria, tu la sufficienza, tu la beatitudine: io povero e miserabile, confuso e umiliato per ogni dove, morto per il peccato, venduto sotto il peccato. Infine tu perfetta e santa voluttà e riposo degli spiriti beati mi ponesti da principio contro l’Eden (che suona voluttà), nel travaglio invero e nell’affanno. E tuttavia dici: Convertitevi a me in tutto il vostro cuore».