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26 sotto il velame


V.


Ora questo manco di discrezione può condurre a ogni malizia sì il mondo sì un uomo in particolare; ma non importa già ogni malizia; anzi l’esclude. E non solo esclude ogni malizia, ma ancora ogni incontinenza. Chè incontinenza è, secondo l’imagine e la definizione del Convivio, il non sottostare dell’appetito alla ragione “la quale guida quello con freno e con isproni„1 o, secondo la comedia, il sottomettere la ragione al talento.2 Ora, il difetto di discernimento potrà condurre a questo ricalcitrare e trascorrere, o a questa sommissione a rovescio ma non è propriamente questo e quello. Il che può essere manifesto dall’esempio che Dante stesso ci porta nella Vita Nuova del suo smarrimento quale narra nel Poema Sacro. Fu quello, dice Dante, un desiderio malvagio una vana intenzione, ed eccitò poi in lui pentito tale “raccendimento de’ sospiri„ e tanto “sollenato lagrimare„, quale e quanto vediamo che in lui mossero poi le parole di Beatrice sul santo monte; eppure non si trattava che d’un “desiderio„ a cui il cuore, cioè l’animo o l’appetito “sì vilmente s’avea lasciato possedere alquanti die contra la costanzia de la ragione„.3 Ora la costanza della ragione che è? Se incostanza, come insegna il buon frate Tommaso, pertiene a imprudenza, costanza perterrà a prudenza.4 E se ciò fu

  1. Conv. IV 26.
  2. Inf. v.39.
  3. V. N. 39.
  4. Summa, 2a 2ae 53, 5.