Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
la mirabile visione | 455 |
s’insinua con un elogio:
chè non soccorri quei che t’amò tanto;
ne ricerca il cuore memore:
che uscìo per te della volgare schiera?
ne tenta l’amor proprio:
Non odi tu la pièta del suo pianto?
la esagita, la rimprovera:
Non vedi tu la morte che il combatte;
la sollecita:
su la fiumana ove il mar non ha vanto?1
la spaventa. Beatrice, a questa preghiera in cui è tutto l’artifizio dell’oratoria ingenua, con quelle interrogazioni, con quelle anafore, Non odi tu? Non vedi tu?, Beatrice, dopo cotai parole fatte (la quale espressione si riferisce non solo a ciò che fu detto ma al come fu detto), balza dal beato scanno, e scende a visitar l’uscio dei morti. Va bene? Ma il bello e il grande di Dante non è nell’aver fatto qui un discorsino ben concinnato, secondo e le regole nell’oratoria e i dettami dell’amor che spira; sì è in tale sublime etopeia dell’astratto, in tale precisa significazione d’un mito spirituale: La Grazia che rende grato. Nè meno mirabile è la traduzione in imagine dell’altro concetto teologico: La Grazia data gratis. Abbiamo