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la fonte prima 439

rifica di passato e d’avvenire. E abbiamo veduto che nella discesa al centro della terra il viatore è riuscito a metter sotto Lucifero tricipite; cioè la malizia di cui ingiuria è il fine, cioè l’ingiustizia con la sua possa malefica, col malefico volere, col malefico intelletto: sì che egli, con penosa azione e passione, ha ottenuta la giustizia e la pazienza della fatica per la giustizia. Vero è che non l’ha ottenuta con l’esercizio propriamente dei sette precetti di giustizia, che sono gli ultimi sette dei comandamenti di Dio, ma (in ciò migliorando il suo testo) con l’esercizio di tutti; non di quelli soltanto di giustizia propriamente detta, ma di quelli ancora che appartengono a quella spezial giustizia che si chiama pietas e religio:1 non della sola umanità, come ha Cicerone, ma della pietà. Di più ha letto nella sua Etica che l’uomo non erra soltanto per male che faccia al prossimo, ma per male ancora che faccia a sè, abusando della sua possa appetitiva, non frenando o non ispronando i sensi, non avendo, insomma, continenza. E così ha aggiunto l’incontinenza all’ingiustizia. Ma con tutto ciò (e qui potrei gridare molto alto), ma con tutto ciò, enumerando tra lui e il suo maestro, i vari peccati che di queste disposizioni cattive derivano, sette ne trovano, sette ne dicono, sette ne fissano. Chi vorrà rimanere in dubbio che il numero settenario non sia di necessità, data l’essenza del mito, per così dire, che presiede al Poema? Giacobbe giunge a Lia dopo sette anni, cercando Rachele; giunge a Rachele dopo altri sette anni, pattuiti se non compiuti: Dante giunge a Lia

  1. Vedi perciò la Minerva Oscura.