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più visibilmente, da quei sette spiriti che corrispondono, in ordine inverso, alle sette beatitudini le quali si odono sonare nelle sette cornici. In che modo questo viaggio è “altro„ da quell’andare verso il bel monte? Dante è sceso in questo viaggio, come nell’altro, sino al basso loco; e poi è risalito. Nell’altro, è vero, non risalì. Le virtù che aveva seco, non bastarono; ma quelle virtù le aveva. Ora tra il corto andare e l’altro viaggio è differenza in ciò, che là non riuscì alla meta e qua, sì, giunse: altra differenza non c’è. Or tu dici, come molti dissero e dicono, che invece è tanta differenza quanta tra la vita attiva e la vita contemplativa. Come mai?„

Ecco: posso rispondere che la vita attiva dispone alla contemplativa; bisogna ricordare le quattro virtù che menano Dante a Beatrice, e le tre che aguzzano la sua vista;1 e che le virtù morali “essenzialmente non pertengono alla vita contemplativa, perchè il fine di questa è la considerazione della verità: ora per le virtù morali sapere quel che pertiene a considerazione di verità, è di poco momento, come il filosofo dice, in Eth. II 2, X cap. ult.; e lo stesso in Eth. X 7 e 8, afferma che le virtù morali pertengono alla felicità attiva e non alla contemplativa. Ma “dispositivamente„ le virtù morali pertengono alla vita contemplativa: chè l’atto della contemplazione, in cui essenzialmente consiste la vita contemplativa, è impedito sì dalla veemenza delle passioni, per cui l’intenzione dell’anima è dalle cose intelligibili tratta alle sensibili; e sì da tumulti esterni. Ora le virtù morali impediscono la veemenza delle

  1. Summa 2a 2ae 181, 1.