tre Furie, le quali mostrano il Gorgon che impietra chi lo guarda. Chi conduce Dante per questo mondo è un pagano: Virgilio. Il quale parla d’una distribuzione affatto pagana, d’Aristotele e di Cicerone, delle colpe. Il vangelo pagano, ossia l’Eneide, fornisce ispirazione a ogni tratto. Si direbbe che Dante si studiasse di far combaciare con l’inferno di Virgilio pagano, il suo cristiano, che pur deve avere aspetto e nome pagano. E come pagano interamente l’inferno, così mezzo pagano è il purgatorio. Mezzo cristiano e mezzo pagano, perchè cominciò a popolarsi sol dopo la venuta di Gesù, ed è come l’ombra dell’inferno che è pagano; e l’ombra somiglia alla cosa come la cicatrice alla ferita. E così il purgatorio è un monte, a cui s’approssimò l’audace navigatore pagano, Ulisse; e sebbene abbia preghiere e angeli e anime converse, ha per altro il Letè sgorgante dalla sua cima, e per guardiano, alle sue radici, Catone: un fiume di oblìo e un uomo di virtù, pagani tutti e due. E ciò conduce a ricordare la frase che Dante pronunzia, quando esita avanti l’alto passo: “Io non Enea, io non Paolo sono„. Enea, dice, per la discesa agli inferi; Paolo, per l’ascesa ai cieli. E nel viaggio d’Enea comprende anche il Purgatorio, perchè l’oltremondo della colpa va da una porta avanti un fiume a un muro di fuoco; da disperate strida per nulla, comincia, e finisce con canti di letizia nel fuoco. Il che Dante vedeva confermato nel suo vangelo pagano, in cui la prima cosa che Enea trovò, vestibulum ante ipsum, è Luctus,1 come disperate strida trovò esso; e poi Enea trovò, come esso,
- ↑ Aen. VI 274.