occhi suoi già veder parmi„. Non erano gli occhi, non era la voce di Beatrice? Ella dopo, bensì, gli apparve solennemente, ma sotto un velo,1 senza il quale e’ non avrebbe sofferto quelli occhi. A quelli occhi è menato dalle quattro ninfe, dopo il lavacro in Letè. Oh! gli occhi di Beatrice erano di là, e a Virgilio pareva giustamente di vederli; e la voce di lei sonava, e diceva: Venite benedicti patris mei. Ora, quella prima volta, in quel medesimo luogo Virgilio parlò a Beatrice, e Beatrice parlava di quell’incendio. Chè Virgilio era nel limbo. E il limbo, ossia il peccato originale, contiene tutto l’inferno e tutto il peccato; e con tutto l’inferno, tutto il purgatorio; con tutto il reato, tutta la macchia. E come Virgilio può essere presso la selva ed essere nel tempo stesso nel suo limbo, al suo luogo; così, essendo nel limbo, è in tutto l’abisso e per tutto il monte; tra le disperate strida e i canti di contentezza, che egli annunziò a Dante così brevemente e così giustamente. Egli ha da una parte il passo di quella fiumana e dall’altra quel muro di fuoco. Quella fiumana? Quale? Quella che ha nome Acheronte, quando scende dal sogno, e si chiama Letè, quando diroccia dalla realtà: dal sogno, cioè da Creta; dalla realtà, cioè dall’Eden: ma qua e là, dalla medesima ferita che il peccato aprì nella natura umana e perciò in Dio che quella natura umana in sè assunse e punì. E Virgilio, chiamato da Beatrice, non si trova egli avanti una fiumana, a lui inguadabile?2 di qua da un fiume sacro? È Letè quello, ed egli non lo può passare, come più non
- ↑ Purg. XXX 31, XXXI 82.
- ↑ Purg. XXX 49, XXXI 1.