Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
412 | sotto il velame |
Il fatto è che Virgilio trova Dante, non in una prigione e non tra catene, ma presso la selva oscura in luogo dove il sol tace, e impedito, “servo„. E lo trova che gli tremano “le vene e i polsi„. Codesta paura, a interpretare il linguaggio mistico, non è il “timore„ che salva? E appunto egli lo prova avanti la bestia malvagia, che in sè riassume tutti i peccati, che è il peccato. E Virgilio propone allo spaurito “altro viaggio„, poi che lo vide lacrimare e l’udì gridare. Quest’altro viaggio a che meta deve condurre il viatore? A vedere “color che son contenti nel fuoco„, ossia a quelli che mondano nelle fiamme il cuore e acuiscono l’occhio per la visione. Conduce, dunque, l’altro viaggio, all’acquisto del dono della sapienza. E così il soldato di Cristo, narrato dal contemplante di Chiaravalle, è liberato dal timore e giunge alla sapienza. Ma prima che il viaggio cominci Dante parla con Virgilio sul viaggio da farsi. Dante teme. La sua anima è offesa da viltà.1 Per solverlo da questa tema, Virgilio narra da chi sia mandato. Così Dante apprende “la pietà„, non del padre, ma di Beatrice “che lo richiama„. E invero il suo animo esacerbato dal timore si ristora.2 “O pietosa colei che mi soccorse„: esclama, e si dispone al venire. Egli sa donde viene Virgilio, e dove esso ha da andare: il timore più non lo frange: la sua virtù stanca si solleva: la fortezza lo ha confortato a compiere il suo ritorno. E ubbidirà: non dichinerà dal “ducato„ dell’obbedienza:3
Or va, che un sol volere è d’ambedue:
tu duca, tu signore, tu maestro.