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l'altro viaggio | 393 |
inganna ancora e per un momento dismenta la sua vanità e giudica cosa salda ciò che è ombra. E risuona la voce: Sitiunt. Se tutto questo trattato dichiara che nell’avarizia è il principio dell’ingiustizia, e che l’ingiuria del papi e dei re, o meglio la loro cupidità, è il malanno del mondo; se dimostra limpidamente che anche nel purgatorio la lupa è meglio ingiustizia che avarizia; dice, ancora, questo trattato che il consiglio è il dono contro l’avarizia; perchè ci fa giudicar rettamente nella via pratica.
E si passa senza transizione al dono che ci fa giudicar rettamente nella via speculativa: all’intelletto. Subito dopo la voce dell’angelo, Virgilio è preso da un dubbio, da una tentazione, diremmo, di giudicar malamente di Stazio. Come mai Stazio fu avaro? E Stazio comincia col principio generale:1
Veramente più volte appaion cose,
che dànno a dubitar falsa matera,
per le vere ragion che sono ascose.
L’intelletto le deve scoprire, queste vere ragioni. E così Stazio corregge il giudizio di Virgilio; e ricorda in questo suo nuovo discorso, un verso di Virgilio, per il quale si ricredè del suo errore di prodigo, e in questo verso... a caso, lettore?... in questo verso è la “fame„. Prima tanta sete, ora la fame; prima Sitiunt, ora “esuriendo„.2 Ed è appena dileguato il dubbio di Virgilio, che gia in lui ne sorge un altro: come fosti cristiano, se la Tebaide ti mostra pagano?3
qual sole o quai candele
ti stenebraron sì?