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358 sotto il velame

chè la riviera è di sangue che bolle. Non è nel secondo... Eppure! Oh! si rischia, interpretando il Poeta, di passare a ogni tratto per dottori sottili; eppure quanta sottigliezza non si deve invero a Dante! La selva dei suicidi risuona di guai di ogni parte. Sono le Arpie che pascono di quelle foglie e lacerano la buccia delle piante. Ebbene quei guai sono come il soffiar di stizzi verdi messi al fuoco, che da una parte bruciano e dall’altra gemono.1 La selva sbuffa e stride e cricchia e cigola tutta come per un incendio invisibile. Ecco il bello di Dante! E bisogna essere sottili per trovarlo, e poi, anche a essere grossi, si riconosce! Chè sotto il velame io vedo a mano a mano che si nasconde tanto di bellezza quanto di verità. Onde ogni volta che scopriamo il verace intendimento del filosofo, il poeta ci splende di luce nuova. Ubbidiamogli dunque, e aguzziamo, o lettore, gli occhi.

Bene: anche tra la pena dell’invidia nel purgatorio, e quella della frode semplice (che è invidia, come dimostrerò) nell’inferno, è una grande somiglianza proporzionale. Ecco la cornice del purgatorio:2

               par sì la ripa e par sì la via schietta
               col livido color della petraia.

Ciascuno è “lungo la grotta assiso„: sono3

                                                ombre con manti
               al color della pietra non diversi.

  1. Inf. XIII 102, 40 segg.
  2. Purg. XIII 8 seg.
  3. ib. 46, ib. 47 seg.