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l’altro viaggio | 357 |
superba, di laidi costumi, bestie fiesolane giacenti in lor letame; e la città proclamando nido di malizia.1 Le tre ombre già da lungi gridano alcunchè della lor terra prava, e poi si dichiarano crucciati.2 L’usuriere dalla scrofa azzurra e grossa mostra ira dicendo subito:3
che fai tu in questa fossa?
or te ne va!
con quel che segue e con quell’atto di trarre la lingua, che Benvenuto dichiara come di spregio dopo aver avuto che dire con alcuno.
L’ira ben si mostra come l’abito di tutti. E sono puniti col fuoco. Or qui bisogna notare che Dante, dove la corrispondenza tra inferno e purgatorio è chiara, perchè esso adopera lo stesso nome della colpa nell’un regno e nell’altro, nelle pene non osserva alcuna somiglianza. I lussuriosi son qua portati dal vento, là affinati dal fuoco; i golosi qua pestati dalla pioggia, là emaciati dal digiuno; gli avari qua voltano pesi, là aderiscono alla terra; gli accidiosi qua sono nel brago vischioso, là corrono con acuto fervore. Ma nei tre peccati d’amor del male e di malizia sono analogie evidenti nelle pene. L’ira nel purgatorio è mondata nel fumo, nell’inferno è punita sotto il fuoco. Tra fuoco e fumo è la relazione che tra colpa e macchia. Della colpa resta la macchia, come del fuoco il fumo. Del resto egli pur dice: “in foco di ira„.4 Or nell’inferno c’è il fuoco, oltre che nel terzo girone, anche nel primo;